Il 65% della produzione mondiale di semiconduttori e microprocessori è lì, a Taiwan. Che ha rapporti sempre più stretti con l’economia italiana (interscambio 2022 a 6,24 miliardi di dollari, più 11,83%) tanto che all’Ufficio di rappresentanza aperto da Taipei a Roma nel 1992 si è aggiunto da un mese quello di Milano, per allargare i contatti in tutto il Nord Italia. Un modo, dice Riccardo Tsan Nan Lin, direttore generale dell’Ufficio di rappresentanza di Taipei in Italia, ufficio di Milano, per riuscire, attraverso l’economia, a rompere l’isolamento internazionale al quale vuole costringerli la Cina, che considera Taiwan una sua provincia minacciando da tempo una annessione manu militari e arrivando a imporre a chi vuole intavolare scambi a livello commerciale di non avere rapporti diplomatici con Taiwan. Per impedire a Pechino, che pure acquista il 70% dei suoi semiconduttori dall’isola, di continuare in questa opera di boicottaggio c’è bisogno del sostegno dei Paesi democratici, Italia compresa, visto che, tra l’altro, rappresenta il terzo partner taiwanese nella Ue. L’obiettivo è far entrare il Paese negli organismi internazionali, a partire dall’Onu, dai quali la Cina Popolare lo tiene lontano.
Taiwan è leader mondiale nella produzione dei semiconduttori: quanto pesa l’Italia come partner commerciale in questo campo?
La disponibilità di Taiwan a cooperare con l’Italia nel campo dei semiconduttori è concreta, occorre trovare punti di contatto reciprocamente vantaggiosi. La GlobalWafers, terzo fornitore di wafer di silicio al mondo, ha sedi a Merano e Novara, mentre MEMC Electronic Materials Spa, parte del gruppo, è attiva dalla fine degli anni 70 e impiega 800 persone. Nel 2022, GlobalWafers ha annunciato che MEMC avrebbe costruito una nuova linea di produzione di wafer da 12 pollici, la prima fabbrica in Italia. Un investimento che ha prodotto l’assunzione di altri 100 dipendenti rispetto ai precedenti. STMicroelectronics (società italiana e francese, nda) è un’altra rilevante azienda nel campo della tecnologia dei semiconduttori: ha stabilimenti in Brianza e a Catania e filiali a Taiwan. Tra i principali investimenti delle industrie taiwanesi in Italia c’è la partnership Foxconn-Fiat Chrysler Stellantis per nuovi semiconduttori flessibili destinati al settore automotive. Walsin Lihwa Corporation è nel capitale sociale di Cogne Acciai Speciali al 70% investendo 225 milioni di euro.
Lo sviluppo della vostra presenza a livello economico, anche in Italia, vi sta aiutando a rompere l’isolamento nel quale vi vuole costringere la Cina Popolare?
Più si stringono rapporti economici più diventano stretti quelli politici. Cerchiamo di collaborare con i Paesi che condividono i nostri valori, come l’Italia. Il sostegno internazionale è fondamentale: dev’essere permesso a Taiwan di partecipare ai summit e di divenire membro delle organizzazioni mondiali di più grande rilievo come l’Onu, l’Interpol e l’Oms. La Cina Popolare considera Taiwan una sua provincia, ma non è così: siamo indipendenti da tanti anni, abbiamo un nostro governo liberamente eletto e la nostra moneta. Pechino ostacola l’adesione di Taiwan a questi organismi, chi vuole avere rapporti economici con i cinesi deve tagliare con Taiwan. Per questo sono solo 13 nazioni al mondo con cui abbiamo rapporti diplomatici ufficiali, una è il Vaticano.
Quanto pesa l’ostilità di Pechino?
La Repubblica Popolare Cinese da anni minaccia Taiwan costantemente e in modo esplicito mediante l’invio di aerei militari e navi da guerra per accerchiarla. Questo comportamento aggressivo causa insicurezza e instabilità non solo nello Stretto di Taiwan, ma in tutta l’area dell’Indo-Pacifico.
Come viene vissuto questo scontro con la Cina?
Viviamo in una minaccia continua, non ci lasciano pace: ogni volta che possono mandano navi e aerei per intimidirci. Ma noi continuiamo a difenderci chiedendo appoggio (e armi) agli Stati Uniti e ai Paesi democratici. Più queste nazioni si espongono e più inducono Pechino a essere meno aggressiva nei nostri confronti. Con la guerra tra Russia e Ucraina i Paesi democratici hanno capito ancora di più quanto è importante difendere Taiwan.
Quanto conta l’Italia per Taiwan a livello internazionale da questo punto di vista?
L’Italia fa parte del G7 e del G20 e ha un ruolo importante nella Nato e nella Ue. Ha anche un buon rapporto con la Cina Popolare, può fare da intermediario. Il Governo Meloni ha manifestato la sua attenzione per la sicurezza e la stabilità dello Stretto di Taiwan e questo tipo di dichiarazioni sono molto importanti. C’è poi un gruppo interparlamentare di amicizia Italia-Taiwan, composto da 70 membri, che svolge un lavoro importante per sviluppare le relazioni tra i due Paesi. Presenta interrogazioni per migliorare i rapporti con Taiwan. Quando la Cina popolare ci minaccia sollecita il governo italiano a prendere posizione.
La Cina, comunque, è anche vostro cliente per quanto riguarda i semiconduttori.
Se Pechino vuole alzare il suo livello di tecnologia non ha altri a cui chiedere se non a Taiwan, da cui importa il 70% dei semiconduttori. Dipendono da noi.
Come mai le aziende di Taiwan hanno deciso di aprire anche all’estero e in Italia?
Qui c’è un alto livello di tecnologia. L’idea è di creare delle joint ventures anche con società italiane per aprire sia il mercato europeo che quello asiatico. Le fabbriche aperte in Italia servirebbero sia alle imprese taiwanesi che a quelle italiane. Abbiamo stabilimenti anche in altri Paesi d’Europa, in Francia, in Germania, dove abbiano degli uffici di rappresentanza. Fa sempre parte della strategia che usa la leva economica per scongiurare l’isolamento al quale la Cina ci vorrebbe costringere. Non possiamo difenderci da soli, abbiamo bisogno dell’appoggio di altri Paesi, dell’Europa.
(Paolo Rossetti)
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