“Non sosteniamo l’indipendenza di Taiwan”. Detta così sembra la dichiarazione di qualche esponente della Cina popolare, che da tempo rivendica quel territorio come suo. Invece, stavolta, la frase è di Antony Blinken, segretario di Stato americano in visita a Pechino, dove ha incontrato anche il presidente Xi Jinping.
Non è, però, il segnale di un cambiamento improvviso della politica americana nell’area, ma un gesto per tenere aperto il dialogo con il Dragone su questo come su altri punti. Anche perché lo stesso Blinken ha parlato successivamente di mantenimento dello status quo nelle relazioni tra le “due Cine”, auspicando una soluzione pacifica dei contrasti tra Pechino e Taipei, senza modifiche unilaterali della situazione. Chiediamo un commento a Giuseppe Morabito, generale con al suo attivo diverse missioni all’estero, membro fondatore dell’Igsda e del Collegio dei Direttori della Nato Defense College Foundation.
Generale, cosa significa questa frase di Blinken? Gli Usa mollano Taiwan?
Taiwan non ha mai detto che vuole essere indipendente. Da questo punto di vista non cambia lo stato delle cose. Gli americani non molleranno mai Taiwan. Ci sono legami economici troppo importanti tra i due Paesi. La frase di Blinken significa solo che per ora non ci saranno varianti senza un accordo tra Usa e Cina Popolare. Una eventuale dichiarazione di indipendenza potrebbe portare anche a un attacco immediato da parte della Cina, per questo Taiwan non si è mai esposta in questo senso. Vogliono mantenere lo status quo. Vogliono che le cose siano lasciate così come sono senza dover rispondere al Governo cinese.
Gli Usa chiedono una risoluzione pacifica delle controversie. Quale può essere la strada, uno statuto speciale per Taiwan più o meno come è stato per Hong Kong prima?
Uno statuto speciale in cui la Cina non interferisce nella politica e nell’economia interna e il Paese continua con il suo autogoverno.
A Hong Kong però la Cina popolare si è comportata diversamente. Potrebbe accettare una soluzione del genere a Taiwan?
Bisogna vedere come si svilupperà la vicenda e anche i commenti che arriveranno da Taiwan su questo tema. Il Paese l’anno prossimo andrà anche a elezioni. La dichiarazione di Blinken, tuttavia, non cambia nella sostanza lo stato delle cose. Taiwan poi, rispetto a Hong Kong è un’isola, il mare la divide dalla Cina, è una collocazione geografica che aiuta a mantenere lo status quo.
Le parole di Blinken sono un altro modo per ribadire la politica dell’unica Cina, sostenuta da Biden anche l’anno scorso, quando contemporaneamente aveva sempre riaffermato che bisognava rispettare lo status quo?
Sì. Gli americani però vogliono anche che Taiwan mantenga la sua autonomia. Blinken non poteva che dichiarare quello, qualsiasi altra dichiarazione sarebbe stata fonte di grosse incomprensioni. Se avesse detto “Vogliamo l’indipendenza di Taiwan” ci sarebbero potute essere complicazioni.
In fondo, però, si tratta di parole che non sono mai state dette in questo modo, almeno recentemente. Perché
blinken ha stemperato la tensionesono uscite proprio ora, come vanno interpretate veramente?
Come una volontà di confermare lo stato di fatto e un’apertura al dialogo. È vero che non sono state mai dette, ma è anche vero che Taiwan non ha mai rivendicato ufficialmente l’indipendenza: ci sarebbe il rischio di una reazione armata e violenta della Cina. Blinken è andato in visita a Pechino perché i rapporti tra i due Paesi erano arrivati al massimo livello di conflittualità. Una dichiarazione di questo tipo è funzionale ad abbassare questo livello.
Il rischio di una guerra, di un’invasione di Taiwan da parte della Cina popolare, è ancora reale?
Pechino non ha ancora le capacità operative per realizzarla con sicuro successo.
E Taipei, da parte sua, è pronta a reagire a un attacco?
Dipende dal tipo di attacco. È pronta a difendersi con quello che ha. Il loro sistema si chiama Porcupine, porcospino: si difenderebbero strenuamente in modo da rendere costoso per il nemico un eventuale attacco, che sarebbe molto dispendioso in termini di uomini e mezzi. Il nemico si dovrebbe mettere nell’ordine di idee di accusare perdite pesanti: navi, aerei e uomini.
Taiwan è già appoggiata militarmente dagli Usa?
Sono i loro principali fornitori di armi.
Le parole di Blinken possono essere viste anche come un invito ai cinesi a non aprire un nuovo fronte, vista la situazione mondiale in questo momento?
Per la Cina non è un altro fronte, per loro è il fronte. Il Governo americano ha fatto queste dichiarazioni per non avere ulteriori problemi nell’Indo-Pacifico e continuare la politica di pacificazione dell’area.
Anche l’Italia sta giocando le sue carte per sostenere Taiwan?
La scorsa settimana il vicepresidente della commissione Esteri della Camera Paolo Formentini ha incontrato il ministro degli Esteri di Taiwan. L’obiettivo era di ribadire il sostegno alla democrazia di Taipei e soprattutto alla libertà di navigazione, vista anche l’attuale presenza, non casuale, di una nave della Marina militare, la Morosini, nel mare Indo cinese. L’economia italiana ha bisogno dei microchip prodotti a Taiwan, di cui siamo i secondi consumatori in Europa.
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