Dopo anni di tentativi falliti e promesse non mantenute l’Iva sui tamponi è calata dal 22% al 10%, sinonimo che avere il ciclo non è un lusso, come da anni recitano le donne. Grazie all’intervento del governo Draghi è stato infatti possibile dare una riduzione alla cosiddetta “tampon tax”, varata dall’esecutivo nella Manovra 2022 del 19 ottobre e inserita nella nota che segue l’approvazione del Dpb da parte del Consiglio dei ministri. Tante erano state le richieste nel corso dei mesi per un ritocco al ribasso, ma non era mai arrivata una risposta e l’applicazione tempestiva.



Numeri alla mano, con l’Iva al 22% una donna compra in media 126 euro di assorbenti all’anno. Una cifra sconvolgente considerando che del totale appena calcolato oltre 22 euro sono stati fino ad oggi di Iva. Con la mossa del governo, che taglia del 50% l’Iva preesistente, parliamo di un risparmio consistente, col dimezzamento della tassa che aveva fatto storcere il naso a molte.



Tampon tax, come funziona all’estero

La tassa sugli assorbenti è una delle misure che il governo Draghi ha deciso di modificare quanto prima. La diminuzione al 10% dell’Iva fa sorridere le donne, ma ancora qualcosa in più poteva essere fatta per favorire un bene comune per il sesso femminile. Ma la precedente tassazione al 22% non metteva l’Italia al primo posto tra i paesi messi peggio sui “period products”. A capeggiare c’è infatti l’Ungheria con una tassazione al 27%, seguita da Norvegia, Svezia e Danimarca la percentuale si avvicina al 25%.

A sfregarsi le mani sono invece le donne cipriote, dove la tassa è del 5% e in Francia del 5,5%. Sale al 6% in Portogallo, Belgio e Paesi Bassi, al 13% in Grecia. In Nuova Zelanda invece la premier Jacinda Ardern ha fatto di più: per combattere la period poverty ha deciso di distribuire dall’estate scorsa assorbenti e tamponi gratis alle ragazze di tutte le scuole del paese.