Fra i vari test su rapidi sul mercato per individuare la positività al Coronavirus c’è anche il tampone Coi, leggermente più costoso rispetto al test antigenico tradizionale effettuabile in farmacia. Ma di cosa si tratta, esattamente? Il tampone Coi (cut off index) misura quanto virus SARS-CoV-2 è presente in un campione di mucosa nasale prelevato. Il campione viene diluito e messo in uno stick contenenti anticorpi artificiali e capaci di riconoscere il virus: “Non tutta la particella virale in realtà viene riconosciuta – spiega su ‘La Repubblica’ Vittorio Sambri, professore di Microbiologia dell’Università di Bologna e direttore del laboratorio della Ausl Romagna –. Gli anticorpi riconoscono una proteina del virus chiamata N, che è più stabile e presente in quantità superiori rispetto alla proteina S, o spike, che abbiamo imparato a conoscere perché riguarda i vaccini e la risposta immunitaria”.



Se l’esito del tampone Coi è inferiore a 1 viene considerato negativo, in caso contrario è positivo. La responsabile dell’Unità di virologia e patogeni emergenti dell’ospedale di Negrar (Verona), Concetta Castilletti, ha rivelato che “quando l’anticorpo si lega all’antigene rilascia una sostanza che può essere colorata (nel caso dei test tradizionali con la striscetta rossa) oppure fluorescente, come nei test Coi. A differenza della striscia rossa, la fluorescenza non è leggibile a occhio nudo. Occorre un apparecchio capace di misurarne l’intensità. Più forte è l’intensità del segnale, più anticorpi si sono legati alle proteine N”.



TAMPONE COI: IL TEST NON INDIVIDUA CON PRECISIONE LA CARICA VIRALE

Il risultato del tampone Coi, hanno aggiunto gli esperti su “La Repubblica” è una cifra che corrisponde all’intensità del segnale fluorescente. Un segnale molto forte può saturare il test: vuol dire che il test non può effettuare misurazioni sopra una certa soglia. Ma il risultato del test corrisponde alla carica virale? “In modo molto indiretto e impreciso. La quantità di proteina N non è strettamente legata alla quantità di virus presente nell’organismo. Nel replicarsi, infatti, i virus ne generano spesso più del necessario. Anche quando il virus ormai ha smesso di replicarsi e sta svanendo, poi, una certa quantità di proteina N resta in circolazione, in attesa di essere smaltita”.



Inoltre, partire da un valore alto del tampone Coi non vuol dire avere sintomi più pesanti, per due motivi: “Il risultato del test e la carica virale non hanno un legame stretto. Inoltre, ormai abbiamo imparato che la severità del Covid non ha nulla a che fare con la carica virale, cioè con la quantità di virus presente nell’organismo”, ha asserito il professor Sambri, concludendo poi così: “A parità di test e con modalità di prelievo identiche, una persona con valore più alto impiegherà più tempo a negativizzarsi. Non è possibile però stimare i giorni di positività in base al risultato del Coi. Le variabili sono troppe e la mano di chi esegue il tampone è anch’essa molto importante”.