I tamponi anali dopo quelli rinofaringei. La novità si registra in Cina, dove sono stati introdotti questi nuovi test, ma non per tutti, bensì per le persone ad alto rischio di contrarre il coronavirus. Lo ha annunciato l’emittente televisiva statale China Central Television, che ha spiegato anche il motivo per il quale i tamponi anali sono considerati più efficaci di quelli “tradizionali”. Le tracce del coronavirus restano più a lungo nel canale rettale rispetto a quello respiratorio, per questo secondo Li Tongzeng, medico dello Youan Hospital di Pechino, questo tipo di tampone «può aumentare il tasso di rilevamento delle persone contagiate». La sperimentazione è stata già avviata la settimana scorsa ai residenti delle aree di Pechino dove si sono verificati casi di contagio accertati, così pure a coloro che si trovano in strutture per la quarantena. Ma le autorità sanitarie non intendono fare un uso esteso di questa pratica, in quanto “sconveniente”. La notizia ha suscitato ironie, oltre che repulsione tra gli utenti di Weibo, la piattaforma social più famosa in Cina.
TAMPONI ANALI IN CINA “TRACCE IN ESCREMENTI PIÙ A LUNGO”
Come funzionano i tamponi anali? Per la raccolta del campione di acido nucleico, il tampone va inserito a circa 2-3 centimetri nel retto, poi va ruotato più volte. Il movimento va completato due volte prima dell’estrazione del tampone che va posizionato successivamente in modo sicuro all’interno del contenitore. Tale procedura richiede circa 10 secondi. Pechino, come riportato da Dagospia, ha cominciato a usare i tamponi anali in maniera più frequente durante un test drive di massa dopo che un bambino è risultato positivo al coronavirus la scorsa settimana. Ma non è una vera e propria novità in Cina, in quanto i tamponi anali sono usati dall’anno scorso. «Abbiamo scoperto che alcuni pazienti asintomatici tendono a riprendersi rapidamente. È possibile che non ci siano tracce del virus nella gola dopo tre o cinque giorni», ha dichiarato il medico Li Tongzeng. Ma il coronavirus resiste più a lungo «nel tratto digerente e negli escrementi del paziente, rispetto a quelli prelevati nelle vie respiratorie». Di conseguenza, ritiene che se venissero condotti tamponi anali, «aumenterebbe il tasso di positività dei pazienti e ridurremmo la possibilità di una diagnosi sbagliata».