Il tampone molecolare resta il “gold standard”, cioè il test di riferimento per la conferma della positività al coronavirus, ma sta crescendo la disponibilità di esami per scovare Sars-CoV-2. Oltre alle quattro generazioni di tamponi antigenici rapidi, c’è il test salivare, che da ottobre è adottato all’Università di Padova per controllare tutti i dipendenti, su base volontaria, ogni due settimane. A conferma della sua attendibilità, c’è la percentuale di accuratezza che è oltre il 98%. Ma è in arrivo un altro test, ancor meno invasivo, che è basato sul respiro. Ci sta lavorando il professor Mario Plebani, direttore del dipartimento Servizi di diagnostica integrata dell’Azienda ospedale-Università di Padova, il quale è coordinatore dello studio dedicato al test salivare. In quest’ultimo caso, basta masticare per un minuto, al mattino, prima di fare colazione e lavarsi i denti, una specie di rotolino di cotone, poi va inserito in una provetta, che a sua volta va poi inserita in un sacchetto di plastica a chiusura ermetica.



Nel giro di tre ore circa si ha il risultato, come per i tamponi molecolari, ma è stato validato anche test salivare rapido che richiede solo 15 minuti di attesa per l’esito. Il professor Mario Plebani ne ha parlato a Il Mattino di Padova, spiegando che questi tamponi rapidi possono risultare utili per lo screening nelle scuole, visto che sono anche non invasivi. Così si potrebbe optare anche per una frequenza più alta di test.



IN ARRIVO TEST DEL RESPIRO: COME FUNZIONA

Questo però non vuol dire abbandonare il tampone molecolare, che è in grado di scovare anche piccole concentrazioni del coronavirus, quindi ha una specificità altissima. Può essere utile per confermare le positività che emergono dai tamponi rapidi. Per quanto riguarda il riconoscimento delle varianti Covid, il professor Mario Plebani ha fatto chiarezza: «I nostri test molecolari, sia su tampone nasofaringeo che salivari, riconoscono le varianti, specie quella inglese che è ormai prevalente, ma non è sempre stato così. Anche i test molecolari hanno registrato un miglioramento, nei mesi», ha dichiarato a Il Mattino di Padova. Per quanto riguarda gli antigenici, in particolare quelli di prima generazione, la questione invece è aperta, «perché non conosciamo le varianti da sufficiente tempo». La novità è rappresentata dai test del respiro, che si basano sullo stesso principio grazie al quale i cani riescono a scovare i positivi al coronavirus, riconoscendo col fiuto l’odore dovuto alla presenza della carica virale.



«Stiamo cercando di capire quali siano i costituenti del respiro che permettono di riconoscere l’infezione da coronavirus per poter sviluppare strumenti da utilizzare come già facciamo con il test del respiro per riconoscere l’Helicobacter pylori». Sarebbe di aiuto non solo per i bambini, ma anche per disabili e pazienti fragili, per i quali i tamponi nasofaringei sono problematici, ma anche per gli operatori sanitari che si sottopongono a controlli frequenti pur essendo stati vaccinati. Gli strumenti non mancano, ve ne sono alcuni che hanno sensori sofisticati e tecniche di spettrometria di massa, come uno sviluppato dalla Nasa. Tramite i contatti che alcuni colleghi di Astronomia hanno, stanno provando a verificarne l’utilità.