CAOS TAMPONI, CRISANTI SI DIMETTE DALL’UNIVERSITÀ DI PADOVA

Il virologo eletto al Senato per il Pd, Andrea Crisanti, si è dimesso ufficialmente oggi dall’Università degli Studi di Padova: secondo quanto annunciato dal “Gazzettino”, poche ore dopo l’emergere dell’inchiesta di “Report” sul sistema di tamponi rapidi in Regione Veneto, Crisanti ha scritto una mail all’Ateneo per comunicare le dimissioni. La decisione, sostengono le fonti vicine al senatore, è legata all’indagine sui tamponi rapidi della Procura di Padova citata da “Report”: l’inchiesta, lo ricordiamo, è partita dopo un suo esposto e da queste indagini sono emerse le intercettazioni che lo riguardano insieme a Luca Zaia.



Senza entrare nel merito di quanto emerso nelle telefonate del Governatore (nelle quali, tra gli altri scontri a distanza contro Crisanti, avrebbe detto «stiamo per portarlo allo schianto»), il senatore dem ha fatto sapere di volere essere «libero di prendere ogni decisione che mi riguarda visto che vi sono molte intercettazioni che riguardano anche altri docenti dell’Università». Dopo l’elezione in Parlamento, Crisanti aveva rinunciato allo stipendio da docente: inoltre, fra 3 anni sarebbe comunque andato in pensione per sopraggiunti limiti di età. «Dichiarazioni di una gravità senza precedenti. Lo inseguo fino alla fine del mondo per inchiodarlo su qualsiasi responsabilità che ha nei miei confronti. Questo regime di intimidazione in questa Regione deve finire», sono le prime parole di Andrea Crisanti a commento invece dell’inchiesta di “Report”, raggiunto dall’Adnkronos, «io ho fatto accesso agli atti e ci sono ben altre dichiarazioni, in cui si dimostra che lui è l’orchestratore di una campagna di diffamazione e discredito nei confronti, tra le altre cose, di una persona che lavora per la Regione e che, tra le altre cose, ha preso delle posizioni proprio per salvaguardare la Regione stessa – conclude Crisanti -. Evidentemente se fosse stato preso sul serio lo studio che ho fatto e che poi è stato pubblicato su ‘Nature’, chiaramente avrebbero dovuto riflettere sugli ordini che stavano facendo e gli appalti per 200 e passa milioni di euro. Questi praticamente hanno accettato come giustificazione la dichiarazione di Rigoli (attuale direttore della microbiologia di Treviso, incaricato di confermare l’idoneità clinico-scientifica dei tamponi, ndr) che non ha fatto nessuno studio, ed erano addirittura consapevoli che non l’aveva fatto».



INCHIESTA REPORT SU TAMPONI RAPIDI VENETO: LE INTERCETTAZIONI SU ZAIA E CRISANTI

In esclusiva questa sera la trasmissione di Rai 3 “Report” riporta una lunga “faida” avvenuta durante il periodo della pandemia in Veneto in merito allo scontro tra il Presidente Luca Zaia e il virologo Andrea Crisanti (all’epoca direttore del laboratorio di Microbiologia di Padova) circa l’efficacia dei tamponi rapidi acquistati da Regione Veneto nell’ottobre 2020. «Avevano puntato tutto sui tamponi rapidi, era il test di riferimento anche per gli operatori sanitari e per le Rsa, contrariamente alle indicazioni dell’OMS e anche a uno studio del prof. Crisanti», scrive la trasmissione di Sigfrido Ranucci lanciando la nuova inchiesta contro il Veneto di Zaia. Dopo le prime puntate dello scorso anno sempre sul medesimo tema, spiega Report, «si è mossa la procura di Padova e ha chiesto il rinvio a giudizio di quello che per il governatore Zaia era l’Elon Musk del Veneto, il dottor Roberto Rigoli: sostanzialmente nella gestione della seconda fase della pandemia aveva preso il posto del professor Crisanti come braccio destro di Luca Zaia. I magistrati scoprono che a giustificare appalti milionari per i tamponi rapidi, ci sarebbero attestazioni scientifiche false. Nel corso delle indagini spuntano anche intercettazioni imbarazzanti».



«Sono qua a rompermi i cog***ni da sedici mesi, stiamo per portarlo allo schianto e voi andate a concordare la lettera per togliere le castagne dal fuoco al Senato accademico, per sistemare Crisanti!», avrebbe detto il Governatore leghista al telefono con Roberto Toniolo, responsabile di Azienda Zero (che gestisce la sanità in Veneto, ndr). Il suo interlocutore era intercettato e dunque oggi, come accade di consueto, i giornalisti di Report ricevono alcuni stralci di quelle intercettazioni che subito vengono pubblicati nella larga inchiesta in onda stasera nella prima puntata del 2023. Zaia riteneva di avere elementi e studi per confutare la stroncatura del suo ex collaboratore durante i primi mesi della pandemia Covid in Veneto: «Ho in mano una relazione autorevolissima, che lo ha preso e l’ha aperto come un carciofo…», dice ancora il Governatore riferendosi al parere firmato da un primario del San Raffaele di Milano. Secondo quanto ricostruito da “Report” e da “La Repubblica”, l’ira di Zaia deriverebbe dalla mossa non gradita del direttore di AziendaZero: Toniolo infatti avrebbe scritto all’Università di Padova (dove insegna il microbiologo Crisanti, oggi parlamentare) specificando che contro l’attuale senatore Pd non era stata presentata alcuna denuncia in procura, proprio nel momento in cui il Senato accademico stava valutando una mozione in favore dello scienziato. «Siete andati a togliergli le castagne dal fuoco… È un anno che prendiamo la mira a questo… Adesso fa il salvatore della patria».

FAIDA ZAIA-CRISANTI SUI TAMPONI RAPIDI COVID: DA DOVE NASCE

L’antefatto della faida tra Zaia e Crisanti

nasce per l’appunto sulla differenza di vedute in merito alla gestione della pandemia Covid, in particolare sulla strategia dei tamponi rapidi che ha rappresentato una novità in Veneto rispetto alle altre Regioni più colpite dall’emergenza pandemica. Nell’ottobre 2020 Crisanti, con uno studio contro i test antigenici “Abbott Panbio”, smontava l’efficacia dei test rapidi acquistati dal Veneto presentando un esposto alla Procura di Padova: le tensioni politiche e personali esplosero tra i due con la faida che arriva ora sulle carte della Procura e nelle intercettazioni diffuse da “Report”. Crisanti era convinto che i tamponi acquistati fossero efficaci solo al 70% e non nel 90%, come invece attestato dal produttore dei test rapidi.

Potevano dunque essere utilizzati benissimo per la diagnosi ma non per lo screening, sosteneva il professore pubblicando il suo lavoro anche sulla rivista “Nature”. Regione Veneto non ci stava invece, dato che aveva scelto di comprare quei test in maniera estensiva per combattere a livello preventivo la pandemia: studi in mano a Zaia contraddicevano quanto sostenuto da Crisanti, da qui le tensioni che emergono ora dalle intercettazioni. I pm ora indagano per cercare di capire se un così alto numero di decessi (1.600 in più rispetto alla media nazionale durante la “seconda ondata” del Covid in Veneto) sia ricollegabile alla diffusione dei testi antigienici negli ospedali e nelle rsa per anziani.