Cos’è la tanatoprassi, procedimento al quale è stata sottoposta anche la salma del Papa emerito Benedetto XVI (scomparso il 31 dicembre 2022 all’età di 95 anni, ndr), al pari di quelle dei suoi predecessori? Un quesito che trova risposta nella scienza: trattasi infatti di un trattamento eseguito post mortem sui corpi e che si traduce nella cura igienica di conservazione del cadavere dopo l’avvenuto decesso. Come spiega l’agenzia ANSA, con la tanatoprassi è possibile, mediante un’iniezione nel sistema arterioso di un fluido conservante e una serie di cure estetiche, “conservare un’immagine integra della persona, eliminando così per alcune settimane il processo di decomposizione ed esporre il corpo”.



Non solo: le salme trattate con tanatoprassi possono essere conservate dai 10 ai 15 giorni prima della sepoltura, rimanendo intatte in qualsiasi tipo di ambiente. Andrea Fantozzi, esperto del settore che si è occupato del Papa emerito, ha spiegato: “Il nostro è un trattamento che consente di avere una cura altamente igienica, nonché di garantire un aspetto più presentabile dei corpi”. Con esso si immette nel circuito sanguigno della salma un prodotto innovativo, dal nome Fluytan, sostitutivo della formalina, la quale “presenta caratteristiche tossiche e cancerogene”.



TANATOPRASSI, CHE COS’È E COME FUNZIONA LA TECNICA ADOTTATA SULLA SALMA DI BENEDETTO XVI

Fantozzi, ancora all’agenzia ANSA, ha dichiarato: “Con il nostro nuovo sistema, totalmente innocuo, riusciamo anche a conservare meglio il Dna. Per questo la tanatoprassi presenta benefici anche nel settore della medicina legale e della polizia scientifica”. Tuttavia, il procedimento con cui la tradizione vuole si trattino le salme dei Pontefici, in Italia “non ha ancora un riconoscimento giuridico. Al momento viene utilizzata solo in casi eccezionali. Noi in particolare lavoriamo molto sugli stranieri che muoiono in Italia in attesa del rimpatrio nei loro rispettivi Paesi”.



Grazie alle tecniche odierne di tanatoprassi, si può eseguire un trattamento meno invasivo e uno con l’iniezione del fluido nel corpo: “In questo modo, contrariamente a quanto avveniva con la formalina, non c’è neanche la necessità di recuperare tutto il sangue, come accadeva in precedenza”, ha concluso Fantozzi.