La TARI andrebbe pagata dalle attività commerciali tutto l’anno. Tuttavia alcuni esercizi hanno un lavoro periodico ed è proprio su questo che recentemente la Cassazione ha rilasciato l’ordinanza 21181/2024 depositata lo scorso 29 luglio.

Secondo la Cassazione, affinché l’attività stagionale ottenga una esenzione o una riduzione della TARI non è sufficiente la sua “tipologia”. Infatti il datore di lavoro dovrà comprovare l’inutilizzo effettivo in alcuni mesi dell’anno (vedremo a breve in che modo).



TARI per le attività commerciali stagionali: la sentenza

Di norma la TARI va pagata per intero da tutte le attività commerciali. Esistono però delle eccezioni come ad esempio quei titolari d’impresa che svolgono il loro lavoro soltanto in alcuni periodi dell’anno.

Per loro è prevista una potenziale riduzione dell’imposta a patto che rispettino quanto sostenuto ed è emerso dalla sentenza 21181/2024 della Corte di Cassazione: il reale carattere stagionale dell’attività.



Nel concreto l’attività deve produrre una specifica licenza (rilasciata dalla pubblicità autorità) in cui si attesta l’effettiva stagionalità. Il documento deve specificare l’oggettiva impossibilità di svolgere l’attività in alcuni periodi dell’anno e dunque con la conseguenza di non poter utilizzare i locali dell’impresa.

Alcune strutture ricettive che potrebbero godere della riduzione della TAR sono gli hotel stagionali, i ristoranti, gli stabilimenti balneari, i campeggi e i bar.

Il Decreto Legislativo

Per rifarci al calcolo della TARI e per comprenderne l’effettiva riduzione in caso di comprovata attività stagionale, la Cassazione ha preso quanto trascritto nel comma 3 dell’articolo 66 del Decreto Legislativo numero 507/93.



La tariffa unitaria può essere ridotta di un importo non superiore ad un terzo nel caso di … c) locali, diversi dalle abitazioni, ed aree scoperte adibiti ad uso stagionale o ad uso non continuativo, ma ricorrente, risultante da licenza o autorizzazione rilasciata dai competenti organi per l’esercizio dell’attività.

A poterne e doverne rispondere è anche il regolamento comunale, che potrebbe predisporre una normativa differente e alla quale l’attività commerciale è costretta ad adeguarsi e rispettare.