C’è tempo fino al 31 maggio di quest’anno per le attività commerciali, artigianali e industriali per comunicare la scelta di affidare al mercato i propri rifiuti urbani per il prossimo quinquennio. Una novità portata dalla nuova disciplina introdotta dal decreto di recepimento della direttiva quadro europea che ridefinisce il perimetro dei rifiuti urbani e quegli speciali, oggi divenuti urbani per legge su tutto il territorio nazionale, facendo venire meno il potere dei Comuni di regolamentare l’assimilazione per qualità e quantità per le utenze non domestiche.



Con il Dl Sostegni entrato in vigore 22 marzo 2021 che introduce una serie di misure di sostegno agli operatori economici: dal bonus affitti alla cancellazione della tassa per occupazione del suolo pubblico all’aperto, si regolamenta anche l’opzione riservata a esercizi commerciali, artigiani e imprese, di fuoriuscire dal servizio pubblico per la gestione in toto o in parte dei propri rifiuti urbani. Questi avranno diritto già da quest’anno a riduzioni tariffarie della Tari (tributo destinato al finanziamento dei costi relativi al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti percepito dal comune.) in proporzione alle quantità avviate a qualunque processo di recupero e non solo al riciclo, diverso da quello municipale. La circolare del ministero per la Transizione ecologica dello scorso 12 aprile chiarisce modalità e tempistica.



Per ottenere la riduzione della quota variabile della Tari è sufficiente comunicare al comune o al gestore del servizio come Ama a Roma o Amsa a Milano, l’attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di avvio a recupero rifiuti, a prescindere dalla quantità degli scarti prodotti nel processo di recupero. Un aspetto che fa storcere il naso alle associazioni ambientaliste. Resta dovuto il versamento della quota fissa della Tari. Nell’ambito di calcolo della Tari sono escluse le superfici dove avviene la lavorazione industriale e i magazzini di merci e materie prime collegati all’esercizio dell’attività, mentre si applica per i locali destinati a mense, uffici, servizi e depositi.



Si stabilisce anche che entro il 30 giugno i Comuni devono approvare i regolamenti e la determinazione delle tariffe Tari in base al piano economico finanziario di gestione dei rifiuti. In caso di mancata approvazione rimane in vigore quanto previsto nell’anno precedente. Agli enti locali rimarrebbe appena un mese per formulare il piano tariffario consistente con le variazioni derivanti dalle fuoriuscite degli utenti non domestici.

Il condizionale è d’obbligo perché in fase di conversione in legge del Dl Sostegni sono stati presentati in commissione emendamenti che potrebbero essere accolti la settimana prossima dal Parlamento nella fase di discussione. Tra i 2.852 emendamenti proposti, due richiedono lo stop alla Tari per le aziende del settore turistico-alberghiero, mentre uno chiede di rinviare al 2022 l’efficacia delle comunicazioni di uscita dal servizio comunale per non mettere a repentaglio gli equilibri di un sistema già a regime. Quindi ci sono solidi motivi per prevedere che questa deregulation sulla tassa sui rifiuti possa slittare.

Questa decurtazione della tariffa per effetto della scelta di un operatore privato è strutturale e non è da confondere con le momentanee correzioni tariffarie della tassa sui rifiuti previste da Arera, l’Autorità di regolamentazione per l’energia, reti e ambiente, commisurate alla minore quantità di rifiuti prodotti per effetto dei giorni di chiusura delle attività predisposte dai provvedimenti governativi anti-contagio.

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