Dopo una lunga “contesa” giudiziaria, lo scorso 7 maggio il Tar del Lazio ha imposto al Governo di pubblicare i verbali inerenti alla task force dei primi mesi dell’emergenza globale sul coronavirus: ebbene, nel febbraio 2020 si diceva che in quel momento il Covid-19 non stesse circolando né in Italia né tanto meno in Europa. I dati poi nel corso dei mesi hanno largamente smentito quelle previsioni, con prove del Covid circolante in Italia già tra novembre e dicembre: eppure la task force nominata dal Governo Conte non evidenziava tali problematiche e nelle riunioni tra il gennaio e il febbraio 2020 – di fatto – si arrivava “impreparati” all’esplosione della pandemia con il famoso “paziente zero” Mattia a Codogno.



Dai verbali emersi oggi, pubblicati dal Ministero della Salute – QUI IL LINK UFFICIALE – nella riunione del 6 febbraio scorso gli esperti ritenevano che l’epidemia da Sars-Cov-2 fosse circoscritta solo in Cina e che soprattutto non vi fosse circolazione in Italia e in Europa. Sempre il 6 febbraio, la medesima task force con l’Iss esprimeva «non c’è trasmissione del virus prima della comparsa dei sintomi», suggerendo di predisporre «un piano per implementare i posti di terapia intensiva nell’eventualità che ci fosse un’epidemia nel nostro Paese».



I VERBALI DELLA TASK FORCE DI FEBBRAIO

La task force è stata voluta e formata dal Governo Conte il 21 gennaio 2020, con un comunicato stampa che recitava così il proprio obiettivo e compito «coordinare ogni iniziativa relativa al Coronavirus 2019-nCoV». Si riuniva praticamente tutti i giorni ed era composta da direzione generale per la prevenzione, dalle altre direzioni competenti, dai Carabinieri dei Nas, dall’Iss, dall’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani, dagli Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera, dall’Aifa, dall’Agenas e dal consigliere diplomatico. Nella riunione del 7 febbraio la task force rileva con l’Istituto Superiore di Sanità che il virus in Italia «non ha circolazione», con il direttore scientifico dell’Istituto nazionale malattie infettive Spallanzani, Giuseppe Ippolito, che sottolineava come è «importante precisare che il virus non è arrivato in Italia in quanto non si è verificata alcuna trasmissione di virus».



Nella riunione dell’11 febbraio invece l’Iss nei verbali sottolinea che al momento «il Covid non circola neanche in Europa». Il 15 febbraio la task force rileva per la prima volta il tema del piano pandemico nazionale, con la necessità di aggiornarlo messa sul tavolo da Paolo Maraglino, del dipartimento Prevenzione del Ministero della Salute «evidenzia la necessità di procedere ad un aggiornamento del Piano nazionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale, risalente al 2009». Con un salto di pochissimi giorni, solo il 21 febbraio il Ministro Speranza chiede nella task force «E’ molto importante adottare misure precauzionali più severe per evitare che il virus si diffonda»: era appena scoppiato il caso di Codogno, con il primo paziente italiano positivo al Covid-19. Il resto, purtroppo, è già storia.