I grandi Paesi marittimi europei si oppongono alla tassa sulle emissioni da addebitare alle navi che entrano nelle loro acque, sostenendo che questa politica potrebbe avere un impatto negativo sul commercio marittimo. I ministri di sette Paesi dell’Ue, tra cui Italia e Spagna, hanno mandato una lettera alla Commissione europea, visionata dal Financial Times, in cui chiedono la possibilità di sospendere i piani per includere il trasporto marittimo nello scambio di emissioni dell’Ue. Il timore è che questa mossa possa allontanare le imprese dai porti europei, offrendo allo stesso tempo limitati benefici ambientali. «Il regime ETS che entrerà in vigore nel 2024 potrebbe indurre emissioni in altre parti del mondo e persino aumentare il volume delle emissioni (di gas serra, ndr) attraverso rotte più lunghe per evitare gli scali nei porti dell’Ue», affermano i ministri.
Inoltre, ritengono che potrebbe anche avere «gravi impatti sui nostri settori di importazione ed esportazione» e sugli investimenti nei porti. Il piano di Bruxelles prevede che presto gli armatori debbano acquistare crediti per ogni tonnellata di emissioni di CO2 prodotte nei viaggi tra due porti dell’Ue, nonché per la metà delle loro emissioni sulle spedizioni tra un porto UE e un porto extra UE, nell’ambito dei piani per tassare le emissioni del trasporto marittimo.
TASSA EMISSIONI (ETS), RISCHIO “SCAPPATOIE”
Le norme volute dall’Ue saranno introdotte in modo incrementale con tutte le emissioni coperte entro il 2026. Il prezzo del carbonio in Europa è di circa 80 euro per tonnellata di Co2. Lloyd’s List ha stimato che, se il prezzo in Ue rimanesse tra 80 e 90 euro per tonnellata, le entrate fiscali derivanti dalla copertura ETS del trasporto marittimo potrebbero essere superiori a 11 miliardi di euro all’anno. Come evidenziato dal Financial Times, la nave che più probabilmente dovrà pagare la fattura ETS più alta quella da crociera MSC Grandiosa, che potrebbe dover affrontare una spesa annuale di 11 milioni di euro nel 2026.
Pur affermando di sostenere l’obiettivo generale di questo piano, i ministri, tra cui figurano anche quelli di Grecia, Portogallo, Cipro, Croazia e Malta, oltre a quelli di Italia e Spagna, affermano che gli armatori probabilmente troveranno “scappatoie” e devieranno il commercio tramite i porti extra-UE lungo la costa mediterranea come Tanger-Med in Marocco o Port Said in Egitto per evitare costi aggiuntivi. Bruxelles ha pensato delle norme per scongiurare l’evasione tramite questi due porti poiché sono a meno di 300 miglia nautiche dalle coste dell’Ue, ma i ministri sostengono che ciò «non è sufficiente».
COMMISSIONE UE APRE AD EVENTUALI MODIFICHE
Il gruppo di Paesi di cui fa parte l’Italia vuole anche che la Commissione Ue rilasci una dichiarazione pubblica con un «impegno ad affrontare con misure concrete» i rischi per i porti europei associati all’introduzione della tassa. Non tutti condividono quei timori. Ad esempio, ci sono esperti ambientali e commerciali si sono opposti alle affermazioni sulla perdita di scambi commerciali. Come Philip Damas, responsabile della consulenza sulla catena di fornitura della Drewry, secondo cui esiste una «possibilità» che le navi possano utilizzare porti extra-UE per evitare le tasse sulle loro emissioni, ma il rischio è «basso» dopo aver preso in considerazione i costi di eventuali fermate portuali aggiuntive.
Tristan Smith, ricercatore nel settore dei trasporti marittimi e dell’energia presso l’University College di Londra, sostiene che la «rilocalizzazione delle emissioni di carbonio» verso i paesi al di fuori dell’Ue «può essere reale». Ma si chiede perché ci siano state richieste per l’inclusione di più porti extra-UE nel sistema, poiché ciò non farebbe altro che spostare ulteriormente il rischio su porti diversi. Come riportato da FT, la Commissione europea afferma che sono previste misure per evitare il rischio di evasione e che Bruxelles «monitorerà da vicino gli effetti di ciò e se ci sarà la necessità di aggiustamenti».