Forse per coincidenza – o forse no – mentre il Governo italiano pare aver “quadrato” la dibattutissima tassa straordinaria sugli extra-utili delle banche, il Parlamento olandese ha messo in rampa di lancio un provvedimento molto simile. E gli sviluppi paralleli – a Roma e all’Aja – dicono parecchio sullo “spirito del tempo” in Europa, a otto mesi dalle elezioni per il rinnovo dell’euro-parlamento e della Commissione Ue.
Era stato il timore di contagio della “bank windfall tax” dall’Italia verso altri Paesi Ue ad aver subito fatto scattare l’allarme rosso nella City di Londra: che aveva reagito con violente campagne critiche al provvedimento annunciato dal Governo Meloni a fine luglio. Ma è stato proprio uno dei Paesi europei più tradizionalmente vicini alla finanza anglosassone a raccogliere il testimone da palazzo Chigi: anche se in un quadro politico pressoché rovesciato.
Se in Italia la mossa è stata decisa un Governo di centrodestra in carica da un anno, dopo le elezioni, in Olanda l’idea di tassare le banche è stata lanciata dall’opposizione parlamentare di sinistra, due mesi prima del voto anticipato provocato dalla caduta estiva dell’Esecutivo di centrodestra, pilotato dal popolare Mark Rutte.
È stato alla “Camera bassa” – cuore del bicameralismo dei Paesi Bassi – che laburisti e verdi (minoritari nella frastagliata opposizione a Rutte) hanno proposto di inasprire la cosiddetta “tassa sui passivi bancari”, generando un extra flusso di 350 milioni di euro per le casse statali. A sorpresa la Camera ha approvato il progetto, assieme ad altri due, più corposi nei gettiti attesi (in tutto 1,65 miliardi) ed estesi all’intero sistema delle società quotate olandesi, di cui però le banche sono un segmento portante. Il ministro delle Finanze dimissionario (la centrista Sigrid Kaag, di D66) si è detta contraria alle ipotesi varate dal Parlamento.
La tassa “rossoverde” – che in teoria attende ora il via libera della Camera Alta, eletta su base territoriale dalle 12 “province” olandesi – ha come fine dichiarato la raccolta di risorse di bilancio per sostenere il salario minimo e le politiche per la famiglia orientate all’infanzia. È comunque evidente l’obiettivo elettoralistico dell’iniziativa: che la sinistra democratica cavalca con toni para-populistici per catturare un’opinione pubblica tuttora molto fredda con le grandi banche (Abn Amro e Ing sono state salvate dallo Stato dopo il crash del 2008).
Come in Italia e in tutti i Paesi Ue, anche in Olanda il settore creditizio ha realizzato “extra-utili” per il rialzo dei tassi indotto dalla Bce. Ma colpisce che un accenno di crociata anti-bancaria venga imbastito da una sinistra olandese che – ai blocchi di partenza della campagna elettorale – schiera Frans Timmermans: fino a poche settimane fa primo vicepresidente socialdemocratico di Ursula von der Leyen a Bruxelles, con la delega alla strategia NextGenerationEu e alle politiche verdi e climatiche.
Timmermans e le altre forze politiche del centro-sinistra dovranno peraltro vedersela nelle urne non solo con le forze moderate della vecchia maggioranza, ma soprattutto con BBB, il “partito degli agricoltori”, cresciuto esponenzialmente nei sondaggi proprio per la dura contestazione alle scelte di Bruxelles sulla transizione ecologica. Al populismo anti-europeo di BBB, laburisti e verdi mostrano dunque di voler contrapporre un messaggio egualmente populista, dubbiamente “europeista” e rischioso per le prospettive della stessa transizione eco-energetica. In concreto, la “tassa rossoverde sulle banche” sembra proiettare un futuro di “patrimoniali sui grandi gruppi e sui ricchi” per finanziare sia l’ordinaria che la straordinaria amministrazione di un Paese cosiddetto “frugale” del Nord Europa.
Il Governo italiano, nel frattempo, sta superando alcune premesse para-populiste che sembravano aver connotato l’annuncio della sua “tassa sulle banche”. Se le ultime indiscrezioni verranno confermate in sede di stesura del disegno di legge di stabilità 2024, una dialettica politica fisiologica e il confronto con Abi – mediato dalla nuova Bankitalia di Fabio Panetta – hanno fatto evolvere il dispositivo di prelievo in termini pragmatici. La soluzione sta prendendo forma in termini di alternativa modulare posta alle banche: che potranno essere esentate dall’imposizione per le quote di di “extra-utile” accantonate a rafforzamento patrimoniale; e saranno invece chiamate a versare il tributo sui profitti distribuiti agli azionisti sotto forma di dividendo.
La decisione ultima verrebbe presa dalle assemblee (sempre sovrane) anche se la proposta di riparto dell’utile competerà ai Consigli d’amministrazione. Ed è intuibile un percorso pre-individuato, almeno in parte. In esso: a) verrà in parte ridotto il monte-utili da distribuire agli investitori ma scenderà anche la base imponibile per l’extra-tassa; b) saranno nel contempo tendenzialmente aumentate le destinazioni a riserva patrimoniale. Gli effetti – finanziari e politici – sembrano leggibili.
Il Governo Meloni tiene il punto politico sul prelievo fiscale sui “super-guadagni” che le grandi banche hanno realizzato esclusivamente per il rialzo dei tassi operati dalla Bce in funzione anti-inflazione da guerra. Resta sia la cifra di un’entrata tributaria (anche se verosimilmente inferiore ai 4 miliardi inizialmente stimati ma comunque utile al budget 2024); sia il pressing sulle banche perché inizino a sganciare da una lunga soglia-zero le remunerazione dei risparmi delle famiglie depositati in banca; e a contenere i rialzi automatici delle rate dei mutui-case.
Le banche vedono diminuito – nell’immediato – l’esborso verso il fisco. Gli investitori vedono confermata la riduzione delle risorse a loro assegnabili sotto forma di dividendi (ma è già accaduto così’ a valle del 2020, quando fu la Bce a vietare del tutto lo stacco di qualsiasi cedola e a destinazione integrale degli utili a patrimonio), ma questi ultimi saranno in parte compensati dal fatto che sarà limitata anche la fuoriuscita di mezzi dalle banche verso il fisco, a favore della consistenza patrimoniale dei gruppi, con riflessi anche sui valori di mercato. La Bce (dove la tedesca Claudia Buch ha appena avvicendato l’italiano Andrea Enria alla guida della vigilanza bancaria) non potrà che approvare un Governo che sollecita le sue banche a mettere fieno in cascina e a tutelare i risparmiatori, contenendo la fuoriuscita di mezzi sia verso il fisco che verso gli investitori di mercato.
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