Camerieri, personale di alberghi, centri turistici e altre strutture ricettive hanno poco da rallegrarsi dell’articolo 14 del disegno di legge sul bilancio dello stato per il 2023, il quale prevede che le mance che ricevono dovranno essere tassate con un’aliquota Irpef del 5%, comprensiva delle addizionali regionali e comunali. In pratica, gli importi da essi ricevuti dai clienti, finora come ricompensa per la loro cortesia e aiuto, dovrebbero diventare reddito tassabile. Ciò, si legge nella relazione illustrativa della norma, per “rafforzare l’attrattività delle professioni a contatto con la clientela” nel settore turistico-alberghiero e della ristorazione, e “rimediare alle difficoltà di reclutamento incontrate dai datori”; alla norma si attribuisce anche il ben più ambizioso obiettivo di “preservare e rilanciare il comparto e favorire la ripresa e la crescita del turismo in Italia”.



L’intenzione è buona, anche se è difficile immaginare che la tassazione delle mance possa costituire un fattore di attrazione di turisti stranieri o spingere gli italiani a frequentare con più assiduità alberghi e ristoranti. Certo è che l’idea sembra abbastanza singolare se confrontata con le scelte del governo su altre misure, relative agli ambiti fiscali, contenute nella manovra di bilancio.



La relazione tecnica sull’articolo 14 spiega che “la misura non comporta nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, potendo altresì determinare potenziali effetti positivi benché prudenzialmente non stimati, dato che essa incide su fattispecie alle quali ora non è ascritto gettito nelle previsioni di bilancio”. Pertanto, poiché ora le mance non danno alcun introito allo Stato, la nuova norma non produrrà nessuna perdita di gettito per l’erario, perché il 5% non è un’aliquota più bassa rispetto a quella ora applicata, bensì dà l’avvio della tassazione di quelle liberalità e produrrà un gettito prima inesistente. Poiché “le somme destinate ai lavoratori a titolo di liberalità costituiscano redditi da lavoro dipendente” (sempre parole della relazione), devono essere tassate per intensificare la lotta all’evasione fiscale, anche se, a sentire il ministro Lollobrigida (intervista al Corriere della sera, 7 dicembre 2022) il cameriere non è un “grande evasore che vive sullo yacht”, dal quale prioritariamente dovrebbe partire la lotta all’evasione.



L’intenzione di tassare le mance è, in linea di principio, giusta, anche se sul versante dell’equità non è forse la più urgente, come riconosce anche il ministro. È, però, una misura stridente con l’innalzamento del tetto dei pagamenti e delle transazioni che possono essere fatti con moneta contante, il cui uso, dice la Banca d’Italia, rende complicata la lotta all’evasione.

Nella relazione illustrativa della ratio della norma è scritto anche che, con la tassazione delle mance, “si intende favorire altresì l’emersione dell’evasione fiscale connaturata all’uso di corrispondere la mancia in contanti al lavoratore, facilitando il pagamento delle mance per il servizio attraverso mezzi di pagamento elettronici al momento del pagamento del conto”. Si ammette, quindi, che l’evasione fiscale è connaturata all’uso del contante anche per piccole somme, come sono le mance, ma allo stesso tempo perché si era previsto di alzare l’importo sotto il quale gli esercenti non sono obbligati ad accettare i pagamenti con bancomat, carte di credito e con i dispositivi di moneta elettronica, che permettono la tracciabilità degli euro che passano di mano in mano?

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