Dopo la pausa di agosto, il grande carrozzone rappresentato dal Fisco nostrano riparte. Il tempo degli esperimenti è terminato: ora l’Agenzia delle Entrate vuol fare sul serio nel cercare di combattere e abbassare il rischio dato della l’inossidabile evasione fiscale. Si vuole spostare sempre più il mirino per colpire, questa volta oltre alle imprese, anche le persone fisiche.



C’è, però, un problemino immediato: spetta alla politica decidere quando e con quali modalità rendere ufficialmente operativo l’Evasometro. Tutto a livello ispettivo, le procedure e il software sono pronti: manca, purtroppo, il soggetto istituzionale che possa far suonare l’ora X. Non si sa se il nuovo governo giallo-rosso prenderà in carico in toto l’idea, fissando i paletti e arrotando le armi, che consentiranno “la giusta crociata” contro la sottrazioni di ogni genere di tributo: si vuole così scovare, meticolosamente, i furbetti seriali, muovendosi però con i piedi di piombo, in modo da evitare fastidiose e impopolari azioni di rastrellamento tipo “Gestapo”.



Tuttavia, ci viene da pensare che l’ennesima strana coppia che formerà l’Esecutivo sia decisa a far partire il provvedimento, da entrambi i partiti auspicato, e anzi ampliarlo a 360 gradi.

Ma veniamo al dunque: l’Evasometro, o altrimenti detto Risparmiometro 2019, è il nuovo strumento in mano all’Agenzia delle Entrate, che controlla e verifica i prodotti finanziari e bancari d’uso ai contribuenti italiani, alla ricerca di eventuali incongruenze tra quanto risparmiato e depositato e quanto elencato nella dichiarazione dei redditi. Se i parametri non quadrano, tipo una differenza del 20%, tra il dichiarato e il risparmiato, scatta l’accertamento.



In parole povere, i controlli su conti correnti bancari, depositi di titoli eccetera scattano, ad esempio, quando i versamenti o i prelievi risultano superiori a 5.000 euro, operazioni magari di difficile tracciabilità, bonifici fuori dalla norma, effettuati per comprare un’auto, una moto, barche e immobili, o il trasferimento di denaro all’estero.

La stessa cosa vale per i risparmi. Insomma, il Risparmiometro si applica con il controllo da parte dell’ufficio dei diversi strumenti finanziari, con lo scopo di rilevare possibili incongruenze tra il risparmiato e il dichiarato dai contribuenti. In particolare, questo meccanismo, per certi versi “diabolico”, verifica:

– conto corrente bancario;
– conto corrente postale;
– conti deposito ed obbligazioni;
– buoni fruttiferi;
– carte di credito;
– prodotti finanziari emessi da assicurazioni;
– prodotti finanziari emessi da società che si occupano di compravendita di metalli preziosi.

In sede di contraddittorio, comunque, il contribuente è invitato a presentare tutte le prove e i documenti attestanti la legittimità dei suoi averi. Nel caso in cui le prove portate non siano sufficientemente esaurienti, gli Uffici fiscali preposti potrebbero procedere ad applicare la già consolidata tassa sui risparmi, ma non su tutta la somma depositata in banca o in posta, bensì solo su quella parte che, secondo l’Evasometro e i controlli dell’Agenzia delle Entrate, sia ritenuta troppo altra rispetto ai redditi dichiarati in precedenza. In pratica, con esso si inverte l’onere della prova: se sul conto corrente ci sono pochi movimenti, è possibile che sia alto il rischio di evasione fiscale.

Ma c’è punto dove, a nostro giudizio, quanto descritto (ed è soltanto un piccolo riassunto di ciò che c’è sul tavolo) può introdurre un inevitabile rischio che lo Stato applichi procedimenti ingiustificati e ingiusti e faccia di tutta un’erba un fascio: difatti, l’arcano sta proprio qui, cioè nel fatto che tutti i cittadini residenti in Italia che siano intestatari di uno o più conti correnti, conti deposito, buoni fruttiferi, carte di credito, prodotti finanziari eccetera con un codice fiscale valido presente nella banca dati dell’Amministrazione tributaria, possano essere oggetto di accertamento.

In pratica, stiamo parlando della maggior parte dei soggetti, ciascuno dei quali può pertanto essere controllato con il Risparmiometro, al fine di ricostruire l’intero patrimonio finanziario detenuto, partendo dal semplice conto corrente e rilevando, laddove si dovessero verificare, aumenti di patrimonio non giustificabili rispetto al reddito percepito nel corso dell’anno dallo stesso contribuente, paragonato alle dichiarazioni dei redditi, assurdamente, non tenendo conto delle spese sostenute per lo stesso e per conto della famiglia.

Inoltre c’è il pericolo di far partire degli accertamenti fiscali, e non sono pochi, anche a chi viene aiutato economicamente dai propri genitori a pagare le bollette o a fare altri acquisti.

Ci sembra altresì, come già avvenuto in passato, che si possa compiere il completo deturpamento della privacy di ciascuno di noi e che il Fisco, o chi per esso, continui a inserire nel nostro ordinamento delle classiche azioni da Stato di polizia (altro che inquisizione…), con la scusa dell’indispensabile lotta alla famigerata elusione tributaria.

La speranza è che si cambi rotta, ma noi non ci crediamo molto. Il potere politico di qualsiasi colore e credo deve imparare a mettersi in gioco a favore di un’equità democratica e sociale e fare delle scelte sempre meno impopolari e utili al paese, favorendo ogni persona onesta, che per fortuna rappresenta lo zoccolo duro della nostra società, e le famiglie che vivono esclusivamente (quando c’è) del proprio lavoro.

Per concludere, il solito aforisma, e questa volta è di Svetonio, che parecchi secoli fa diceva: “Il buon pastore deve tosare le pecore, non scorticarle”.