Da una prima lettura della Legge di bilancio emerge che le novità sono poche e in parte ancora sospese. La definizione non sarà facile: pensioni, reddito di cittadinanza, bonus edilizi e cashback sono le bandierine che compongono lo slalom al termine del quale la manovra diventerà legge. È il caso, ad esempio, dello stanziamento di 8 miliardi da utilizzare per il taglio delle tasse che il Parlamento dovrà riempire di contenuti.



Le linee guida indicate nell’articolo 2 “annunciano” un taglio Irpef volto a ridurre «il cuneo fiscale sul lavoro e le aliquote marginali effettive», una «revisione organica del sistema delle detrazioni per i redditi da lavoro dipendente e del trattamento integrativo» e una riduzione «dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive». Un panorama vasto e variegato che mal si concilia con risorse non abbondanti. È facile prevedere azioni parcellizzate tra più interventi che finiranno per comporre un intervento complessivo poco efficace volto solo ad accontentare tutti. 



Sembra quasi riaffacciarsi la stagione dei piccoli crediti di imposta di dubbia efficacia. Le ipotesi in campo prevedono un intervento sull’aliquota Irpef del 38%. Questa azione dovrebbe agevolare la famosa classe media che dichiara tra i 28 e i 55 mila euro. Altra ipotesi propone un intervento sul bonus degli 80 euro introdotto da Renzi e già ritoccato verso l’alto dal Governo Conte 2. Si tratta di due interventi con effetti diversi: il primo riguarderebbe, in linea di principio, tutte le categorie di contribuenti, fatta eccezione che per i forfetari; il secondo, invece, riguarderebbe solo i dipendenti, per cui forse sarebbe selettivo e poco equo. Per l’Irap, invece, al momento è possibile solo una riduzione dell’aliquota. La situazione dei conti pubblici appesantita dagli effetti della crisi economica innescata dalla crisi sanitaria non consente altro.



In linea con l’intervento sul Patent box già introdotto la scorsa settimana è quello titolato “Modifiche alla disciplina della rivalutazione dei beni e del riallineamento dei valori fiscali”. Anche questo intervento prevede di agire retroattivamente “contro” le imprese che appena qualche mese fa hanno proceduto con il rivalutare le attività immateriali come marchi e avviamento. Si vuole intervenire per porre rimedio a un beneficio forse eccessivamente interessante introdotto con troppa superficialità. A nessuno sembra interessare come sia stato possibile valutare in soli 14 milioni di euro gli effetti del provvedimento che poi ha finito per superare gli 80 miliardi “misurati” nei lavori accompagnatori alla Legge di bilancio. Sarebbe interessante capire la genesi di quella norma che se “scellerata” dovrebbe vedere gli “attori”, almeno, ammoniti per la superficialità mostrata nel condurre la manovra sui conti pubblici. La proposta correttiva diluirebbe in 50 anni la deduzione dei maggiori valori iscritti per effetto della rivalutazione. 

Dunque di fatto si pone rimedio alla superficialità degli interventi di Governo, Parlamento e Uffici tecnici “attaccando” le aziende che si sono fidate. Rimane da capire come si uscirà da questa ennesima marcia indietro. È prevista la possibilità di recedere dalla rivalutazione operata senza chiarire come tutto ciò si concilierà con gli effetti rappresentati nei bilanci delle imprese già depositati da tempo. 

È annunciata la riproposizione/rimodulazione dei bonus edilizi anche qui con l’intento di non scontentare nessuno. Va in questa direzione la previsione, simpatica, di assicurare l’accesso al superbonus anche ai proprietari di villette purché abbiano un Isee di 25 mila euro. 

Non fa notizia l’assenza di interventi in tema di semplificazioni in campo fiscale. A questo riguardo in edicola è possibile trovare una pubblicazione “Codice delle interpretazioni Regime dei forfetari”. Sono 142 pagine che provano a fare chiarezza su un regime che non dovrebbe vedere chi vi aderisce farsi aiutare dai consulenti fiscali.

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