I risultati del confronto costruttivo promosso dagli incontri del Meeting di Rimini tengono ancora banco e saranno sul tavolo delle decisioni che dovranno essere assunte nei prossimi mesi. Uno degli appuntamenti rilevanti è la presentazione della Legge di bilancio prevista per il prossimo 20 ottobre. Dal Mef trapela grande fiducia, anticipata nei giorni del Meeting quando ci è stato detto che i dati disponibili mostrano un rimbalzo del Pil migliore delle attese, che comunque rimangono negative.
Da ultimo è intervenuto il comunicato del Mef del 31 agosto che ha commentato i dati dei versamenti delle imposte registrati il mese scorso. Il Mef è ottimista e vede nei dati la conferma che l’economia è ripartita o comunque si è avviata verso una ripresa più veloce delle attese. C’è però chi vorrebbe capire come sono stati formati i dati e soprattutto se il confronto nel tempo (analogo periodo dello scorso anno) sia stato oggetto di normalizzazione e/o omogeneizzazione.
I dati del Mef riguardano il versamento delle imposte da autoliquidazione (ovvero dalla presentazione delle dichiarazioni in scadenza). Un dato sorprendente per la sua mancanza è riferito ai versamenti Iva, per i quali ad agosto era prevista una doppia scadenza: versamento dei contribuenti trimestrali (aprile-giugno) e di quelli mensili (luglio). Il dato dei versamenti Iva è legato all’andamento dei consumi e darebbe una prima informazione sullo stato dell’economia.
Ma ritorniamo ai dati delle imposte versate e oggetto del comunicato n° 195 del 31 agosto nel quale viene detto che “le entrate tributarie sono superiori alle attese“. Alla presentazione dei dati è seguito un acceso dibattito che ha come tema conduttore la necessità di fugare i dubbi che nascono dalla loro lettura e l’esigenza di trovare conferme sulla salute della nostra economia. La maggior parte dei commentatori ha definito gli stessi dati “fuorvianti”. Un passaggio del comunicato, “i dati di gettito delle imposte versate in autoliquidazione, ancora provvisori ma riallineati per tener conto delle diverse tempistiche di versamento nei due anni considerati, mostrano infatti una crescita dell’Irpef del 3,3% e dell’Ires del 4,8%” ci dovrebbe rassicurare. Un’adeguata informazione, che orienti in senso costruttivo il confronto, dovrebbe però chiarire come sia avvenuto il riallineamento dei versamenti nei due anni considerati dal confronto. Va dato atto che viene indicato come i dati siano ancora non definitivi per cui ogni ulteriore commento rischia di essere polemico.
Un’altra riflessione che va fatta è riferita alla valenza prospettica del dato. Alla scadenza indicata, infatti, sono state versate le imposte relative a un’annualità, il 2019, non influenzata dal Covid, e il primo acconto per l’anno 2020 che è stato versato, nella maggioranza dei casi, applicando il metodo storico per cui con ogni probabilità senza misurare gli effetti della pandemia. Proponiamo, al pari di altri, di tener conto di queste considerazioni allorquando saranno mostrati i dati definitivi. Un dato oggettivo elimina i dubbi e consente di decidere in maniera informata.
Appare utile, invece, riprendere un tema ancora di attualità affrontato a maggio in occasione della presentazione dei dati relativi alla destinazione/utilizzo delle imposte versate dagli italiani (cruscotto): il costo della burocrazia presente nel nostro sistema economico.
Sappiamo che nei mesi bui e duri del lockdown è stato disposto il differimento dei termini di versamento scadenti nei mesi di chiusura. Uno dei problemi generatosi per effetto del differimento discende dall’assenza di coordinamento tra mancati versamenti (a seguito di adesione alla possibilità di differimento) e formazione dei Durc (Documento unificato di regolarità contributiva) utilizzato dalle imprese per la partecipazione a gare pubbliche, ecc. L’Inps è stata indotta, dal cortocircuito determinatosi, a diramare apposite istruzioni. Le imprese e i loro consulenti, infatti, sono stati invitati a comunicare l’adesione al differimento dei pagamenti concessa durante il lockdown. Lo scopo di questa comunicazione è fornire quelle informazioni di cui si dovrà tener conto quando dovrà essere verificata la regolarità contributiva e l’aspetto sanzionatorio degli omessi versamenti. Con ogni probabilità oggi questo è l’unico modo per arginare questa problematica a meno di non voler congelare il ruolo del Durc per un certo periodo e, dunque, evitare ulteriori costi burocratici.
Il tema della burocrazia e del suo costo è al centro dell’attenzione. In questo periodo gli adempimenti burocratici promossi dai vari bonus stanno pesando sulle aziende e la loro efficacia è ancora lontana dall’essere misurata. La Cgia di Mestre ha provato a misurare, partendo da alcuni dati forniti dall’Istituto Ambrosetti, il costo della burocrazia innescata da quella che chiama mala burocrazia. L’analisi della Cgia è limitata al Veneto e ha mostrato un’impennata dei costi per burocrazia che, se confermata anche per altre aree del Paese, va analizzata per essere contenuta.