Parecchi anni fa nelle stazioni, quando il treno era in partenza, spesso risuonava l’urlo del capo stazione che annunciava: a… (nome della località) si cambia! Si può attualizzare, in queste ore, la stessa frase, con il capo del governo Conte che annuncia: a Roma, palazzo Chigi, si cambia. Adesso con il nuovo Esecutivo si spera vivamente su qualcosa di nuovo: basta con il leitmotiv dei governanti, di qualsiasi colorazione. È d’uopo partire con la promessa di un reale cambiamento, poi però, come sempre si è arrivati a nessuna mutazione nello scenario politico ed economico in particolare, per ciò che riguarda il fisco nostrano: nulla di nulla, anzi tutto come prima o peggio.



La manovra economica pensata dagli esperti del nuovo Governo giallo-rosso già dall’inizio fa buchi da ogni parte sbandando pericolosamente senza né capo, né coda. Per fare un esempio emblematico: il pilastro su cui il ministero dell’Economia ha faticosamente costruito la prossima manovra, cioè la riconversione delle aliquote Iva, con l’aumento di 1,5-2 punti di quella intermedia al 10% con il meccanismo del cashback, la restituzione del 3% per chi paga in contanti, è sembrato ai più improponibile e in un kafkiano vertice dei giorni scorsi a palazzo Chigi è imploso miseramente con la conseguenza che il neo capo del dicastero del Tesoro si è trovato in poche ore in “braghe di tela”, cioè a dover lottare contro una voragine di 5 miliardi di euro nei conti di bilancio. Purtroppo si continua inesorabilmente a cercare soltanto soluzioni tampone. Così i 5 miliardi mancanti sono stati caricati sotto la voce «lotta all’evasione», che nella nota di revisione del documento di economia e finanza, approvato pochi giorni fa da un consiglio dei ministri, è stata quantificata nella mastodontica cifra di 7,2 miliardi di euro, lo 0,4% del Pil italiano.



Una cifra senza “un domani” da recuperare in un solo anno. Ciò appare a tutti qualcosa di impossibile, un sogno irrealizzabile. Il centro studi Eutekne, uno dei principali think tank italiani sui temi fiscali, ha chiarito, in merito, quanto siano campati in aria i numeri del Governo sull’argomento lotta all’evasione. Lo scorso anno, nella prima Legge di bilancio firmata dall’attuale presidente del Consiglio, l’unica copertura derivante da questa voce era l’obbligo di trasmissione telematica da parte degli esercenti dei cosiddetti «corrispettivi». Una misura quantificata in 334 milioni il primo anno e 1,4 miliardi il secondo anno. E prima di lui, Gentiloni aveva inserito in manovra la fatturazione elettronica, una vera e propria rivoluzione con la comunicazione diretta tramite l’Agenzia delle Entrate di ogni ricevuta di pagamento rilasciata. Ma anche in questo caso le previsioni di incasso erano contenute a 202 milioni il primo anno e a 1,7 miliardi il secondo.



Sulla stessa linea Renzi, che aveva inserito un giro di vite sulle compensazioni d’imposta (il cosiddetto split payment), obbligando il venditore a versare l’Iva al posto dell’acquirente. Una misura molto invasiva, quantificata in manovra in soli 2,7 miliardi. Detto questo, la domanda che si pone è: che genere di misure si potranno scegliere per incassare oltre 7 miliardi dalla lotta all’evasione?

Di sicuro non è sufficiente la pesca degli scontrini. Così come il cashback (che in soldoni consiste in un rimborso parziale della spesa sostenuta) sugli acquisti con il bancomat o la restituzione fiscale da 475 euro dell’Epifania. Sono provvedimenti che hanno un costo inconfutabile ed elevato ma ritorni incerti. Poi c’è in previsione il rinvigorimento della fatturazione elettronica includendo i regimi forfettari, le sanzioni per chi non usa il bancomat, un sistema per stanare l’evasore “incallito”. Certamente, nel calcolo ci sarà anche la web tax, la fiammante imposizione sul fatturato delle multinazionali del web. La stessa però è già entrata in manovra, senza purtroppo il decreto attuativo.

La cosa drammatica tuttavia è un’altra: sulle coperture finanziarie si hanno pochissimi giorni per recuperare gli “euri” che scarseggiano. E qui il caos è all’orizzonte: si arranca nel cercare di guadagnare tempo per aspettare qualche “segnale di fumo” dalla nuova Commissione europea e da Gentiloni, il nuovo commissario agli Affari economici, colui che in pratica dovrà giudicare le manovre dei vari Paesi dell’Ue. La tentazione, insomma, è quella di alzare l’asticella del deficit, nella consapevolezza che gli introiti della lotta all’evasione renderanno poco o quasi niente. La verità e che mancano circa 29 miliardi in termini lordi, finanziati meno della metà. Sarà molto difficile, con questi interventi citati sopra, progettare di far scivolare il deficit del 2020 fino al 2,2% del Pil. Ma per ora c’è questo all’orizzonte e la conseguente Legge di bilancio che dovrà essere inviata alle Camere, a meno di due settimane dal termine, di fatto non è ancora definita.

Eppure Giuseppe Conte sull’argomento invita a non meravigliarsi. I 7 miliardi mancanti non sono eccessivi. In Italia le transazioni elettroniche sono di 46 euro a persona, contro la media europea di 135 euro. Se si colmasse il gap il recupero di gettito sarebbe di 12,5 miliardi. Noi facciamo notare tuttavia, facendo il più classico degli esempi, che se una persona anziana va nel supermercato ad acquistare un litro di latte, pagherà con bancomat o con carta di credito? In aggiunta pensiamo anche che introducendo degli incentivi con il meccanismo del cashback non cambierà nulla relativamente al comportamento di utilizzare il contante per acquisti per la stragrande maggioranza degli italiani.

Per quanto poi riguarda i grandi evasori (che sono il vero nocciolo della questione del “maltolto” verso il Fisco), non funzionerà neanche la Daspo ai commercialisti e consulenti del lavoro che saranno chiamati ad attestare irregolarità di compensazioni indebite, crediti inesistenti, l’introduzione del reato di prestanome, la stretta nelle frodi sui carburanti e via dicendo: nuovi strumenti che il Governo vorrebbe mettere in campo a favore della lotta antievasione. L’introduzione del Daspo per commercialisti e consulenti del lavoro, che comporta una sospensione temporanea o permanente (a seconda dei casi) dall’attività professionale, è una proposta avanzata dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio. E secondo fonti M5s, la misura potrebbe essere fondamentale per recuperare crediti dall’evasione, arrivando anche a 5-7 miliardi di euro. La proposta M5s comunque inserisce il Daspo in un progetto più ampio, che prevede la creazione di una piattaforma di certificazione dei crediti previdenziali, per monitorare e attestare in modo trasparente le compensazioni.

Restando sul tema della lotta all’evasione fiscale, incentivare la moneta elettronica rimane uno dei capisaldi della manovra.  Resta altresì sul tavolo, la battaglia all’uso del contante, principale fonte, secondo gli esperti del Ministero, di frodi fiscali. E questa strategia porterebbe tutto il mondo degli acquisti (dallo sfilatino al collier di diamanti) a mutare il senso di marcia, ad assolutizzare l’uso della transazione elettronica con “golosi” incentivi sia a chi vende, sia a chi acquista.

Concludendo questa nostra mini disamina (ridotta perché ci vorrebbe un trattato scientifico-economico per analizzare quanto da più parti detto e proposto in questi giorni), desideriamo, anche noi, esprimere il nostro parere: ispirandosi (come nel teatro dell’assurdo), al paragone scritto all’inizio, “la stazione dove i passeggeri del treno dovevano cambiare, è lontana e il rischio di perdere la coincidenza è tragicamente sempre di più che realistica”. Queste maree di provvedimenti proposti dai componenti della novella maggioranza, e quelli che verranno, volti all’opportunità che ormai pare quasi irrealizzabile, (visti i grandi buchi di bilancio di questi anni) di rimpinguare le casse dello Stato, adottando decisioni che appaiono ai più molto incerte e traballanti e soprattutto in contrasto tra i due partiti di maggioranza, prendono spunto, magari in forme diverse come un deja vou, da qualcosa di esattamente uguale alle mire degli scorsi esecutivi. È necessario che i nuovi politici e governanti recuperino un fruttuoso senso di concretezza, un’indispensabile capacità magari di bypassare ogni compromesso anche con componenti delle stesse coalizioni, che non sono consoni a gestire e dirigere nella giusta direzione finanziaria il nostro Paese.

Ci assilla un dubbio: siamo certi che la lotta al “babau” della grande evasione fiscale sia l’unica soluzione per recuperare le risorse monetarie mancanti? Non si può cercare di favorire la nostra economia se non con rimedi ad hoc, sfruttando al meglio quel poco che è rimasto in piedi dall’avvento della crisi economica mondiale, tipo lo sfruttamento della nostra tecnologia, la creatività produttiva, principalmente dei nostri giovani “cervelli” (senza farli scappare all’estero), il famoso “made in “Italy”, l’agricoltura e i nostri prodotti unici al mondo: questa è l’Italia che conta, che deve recuperare un prestigio internazionale da tempo perduto. Siamo consapevoli che è difficile, quasi impossibile, gareggiare, come più volte detto, contro l’egemonia dei paesi più ricchi, che determinano volenti o nolenti (si pensi ai dazi che vuole imporre a nostro scapito Trump), l’economia globale e forse questi discorsi possono sembrare astratti. Tuttavia vogliamo fortemente invitare Conte e la sua “band” di esperti ed economisti di ogni genere a provarci, e siamo certi che sia determinante la vera volontà di cambiare, progetti politici ed economici finalmente chiari e adatti alla situazione (è ora di dire basta ai già visti futili contorsionismi e voli pindarici) riprendendo seriamente il concetto di bene comune che oramai non si sa neanche più cosa sia.

Occorre difendere i più deboli, la salvaguardia del lavoro per tutti, un welfare giusto a misura d’uomo, cose di cui nemmeno si discute più. Devono ritornare a essere temi all’ordine del giorno nelle decisioni e nei provvedimenti di chi ha il potere di farlo, ascoltando tutti quelli che hanno qualcosa da dire e proporre proficuamente. Vogliamo essere ottimisti, contiamo nella forza storica di non arrendevolezza della Nazione, di ogni suo abitante, per un futuro quanto meno vivibile e finalmente affermare: “Signori si cambia!”.