Niente di nuovo si dirà. Il varo della Legge di stabilità viene sempre accompagnato dai buoni propositi di contrastare l’evasione fiscale. Qualche risultato è stato pure ottenuto, ma le scelte in materia sono state spesso contraddittorie: condoni che vanno e vengono, limiti all’uso dei contanti che sono cambiati otto volte in 15 anni, tasse ridotte o aumentate a seconda del fabbisogno dei conti pubblici, agevolazioni alla produzione che subiscono continui stop and go generando una perenne incertezza nei comportamenti dei produttori e dei cittadini. Tutte cose che non fanno bene alla nostra economia.
Con la Legge di stabilità in gestazione si preannunciano nuovi cambiamenti. Nuovi limiti per l’uso del contante nei pagamenti, eventualmente compensati da incentivi per l’uso delle carte elettroniche, un’implementazione di ulteriori 500 euro annui per gli attuali 80 euro del bonus introdotto dal Governo Renzi per i salari medio bassi, no al previsto aumento della flat tax per i lavoratori autonomi. “Un patto con i cittadini onesti”, si azzarda ad affermare il Presidente Conte, con il proposito di addolcire gli effetti della nuova manovra… ma sarà così?
Disincentivare l’uso del contante per contrastare l’evasione fa parte dei buoni propositi, ma per le caratteristiche della evasione/elusione degli obblighi fiscali è tutt’altro che risolutivo. Non ha alcun effetto sulle transazioni più consistenti, dove impera l’elusione delle norme da parte delle imprese contrastabile con controlli più severi. Nel sistema delle piccole imprese e dei servizi sta producendo un buon impatto l’estensione della fattura elettronica, che può essere ulteriormente incrementata per i settori esenti. Mentre una grande esposizione nel rapporto tra uso del contante ed evasione fiscale viene riscontrata nei servizi alle famiglie e della ristorazione.
Sono in genere pagamenti di piccolo importo, abbondantemente al di sotto degli eventuali limiti nell’uso del contante, che riguardano il complesso delle prestazioni legate alla cura delle persone, ai servizi di pulizia e di manutenzione delle abitazioni e dei giardini, per i supporti allo studio dei bambini. Cifre pro capite contenute, ma che calcolate sul complesso dei nuclei familiari sommano tra i 40 e i 50 miliardi di euro. Transazioni molto difficili da controllare e persino tollerate, come nel caso delle badanti, dove impera la presenza di lavoratrici immigrate in tutto o parzialmente irregolari.
Il motivo della tolleranza è presto spiegato non solo dal buon senso, ma anche dalle evidenze scientifiche. Infatti, per le famiglie la crescita del reddito si implementa al netto della tassazione, mentre i costi per l’acquisto dei servizi alla persona di vario genere incorporano gli oneri fiscali e contributivi dei prestatori o dei venditori dei servizi. Per questi motivi in moltissimi paesi sviluppati per l’acquisto di tutti o di parte di questi servizi viene consentita la detrazione dal reddito sottoposto a tassazione. Con il triplice risultato di far emergere una notevole mole di transazioni economiche, di far crescere l’occupazione regolare rendendo più efficiente l’incontro tra domanda e offerta e la qualità dei servizi erogati, di migliorare il welfare a sostegno delle famiglie e la conciliazione tra i carichi lavorativi e quelli familiari.
Le evidenze internazionali confortano questa tesi. Nei Paesi che offrono a vario titolo un sostegno per l’accesso ai servizi per le persone, questi comparti sono trainanti nella crescita dell’occupazione, in particolare di quella femminile, con costi a carico dell’erario largamente compensati dalla crescita dei redditi e dalla compressione della domanda di servizi pubblici per gli anziani (tema particolarmente importante dato l’elevato invecchiamento della popolazione).
Ma esiste anche l’evidenza contraria. A parità di popolazione, in Italia si riscontrano 1,4 milioni di occupati in meno nei comparti dei servizi e dell’assistenza delle persone, in parte compensati dalle 450 mila badanti che deteniamo in più rispetto la media europea. Data la nostra caratteristica di Paese ad alto tasso di invecchiamento si può comprendere come questo gap venga compensato dal lavoro casalingo informale delle donne e da una quota rilevantissima di lavoro sommerso.
Una ricerca del 2014 effettuata dal Censis, che simulava l’attuazione in Italia del modello delle detrazioni fiscali per i servizi alla persona praticato in Francia, evidenziava un potenziale di crescita di 800 mila occupati nell’arco di 5 anni. Il tutto con un costo iniziale a carico dello Stato inferiore a 1,5 miliardi di euro.
Abbiamo una miniera a portata di mano e non la sfruttiamo. Ci sono molte ragioni che hanno impedito il salto di qualità, ma una su tutte: la sottovalutazione del ruolo delle famiglie nello sviluppo economico e l’ossessione di volerlo sostituire con l’azione dello Stato.