Giorgia Meloni nel suo discorso programmatico in Parlamento ha declinato gli interventi che intende proporre in prima battuta sul fisco: allargamento della platea dei beneficiari della flat tax, utilizzando quella incrementale, la tregua fiscale e l’introduzione, in prospettiva, del quoziente familiare. Le opposizioni hanno contestato poco la “nuova” tassa piatta e molto la tregua fiscale e l’innalzamento della soglia di utilizzo del contante. Gli interventi sulla flat tax appaiono, dunque, sempre più metabolizzati. Al momento, invece, l’introduzione del quoziente familiare rimane vaga e non si comprende come vada a inserirsi in un contesto dove sempre più si farà ricorso alla flat tax. Volendo trarre una sintesi si può dire che quanto sin qui annunciato non è certo la riforma fiscale che serve al Paese. Quelli annunciati sono interventi di una parte tesi a dare una risposta elettorale, che saranno messi in discussione allorquando si dovrà affrontare il varo della riforma fiscale.
Ritornando al quoziente familiare è innegabile che si tratta di una misura che ha in sé il connotato dell’equità. Avrà il pregio di porre al centro della discussione il tema della famiglia qualunque sia la forma secondo cui potrà essere delineata. La sua introduzione darà la possibilità di lasciare all’interno del nucleo familiare quelle risorse utili a dare dignità al lavoro del coniuge che non lavora e ai figli che potranno avere maggiori risorse, si spera, per la loro formazione.
Andando oltre incontriamo la tregua fiscale che è senza dubbio un intervento necessario. Non è ben chiaro ancora come si concretizzerà. Com’è stata proposta non sembra un condono, ma dovrebbe consentire di affrontare le difficoltà economiche e finanziarie del post-covid aggravate dalla crisi economica innescata da quella energetica e dalla crescente conflittualità, non solo bellica, a livello mondiale. Anche il Governo Conte ha fatto ricorso alla tregua fiscale operando più di un rinvio dei pagamenti delle imposte. Sappiamo com’è andata a finire; da un certo momento in poi la ripresa dei pagamenti ha messo in crisi il sistema produttivo. L’economia a oggi non è tornata ai livelli pre-Covid e la scadenza delle moratorie bancarie sta contribuendo ad aggravare la situazione finanziaria delle imprese non ripartite dal punto di vista economico. Dunque la tregua fiscale appare necessaria al pari di un intervento sulle scadenze dei finanziamenti bancari.
Forse più che una tregua, a cui prima o poi segue una ripresa istantanea dei pagamenti, sarebbe necessaria una seria dilazione dei pagamenti in scadenza o scaduti. Le opposizioni sono contrarie perché parlano di condono e al momento non ci rimane che attendere il provvedimento per poterlo commentare.
Dirompente è stata la rincorsa fatta sulla proposta di innalzare la soglia di utilizzo del contante. Le opposizioni l’hanno condannata ritenendola come la prova, unita alla tregua fiscale, che il Governo voglia dare una mano agli evasori. Per contrastarla sono stati riproposti studi che dimostrerebbero come l’innalzamento della soglia dell’utilizzo del contante dia una mano all’evasione. Non mancano studi che non rintracciano alcuna correlazione tra evasione e maggior ricorso al contante. Il rischio è solo una contrapposizione tra Governo e opposizioni che non fa il bene del Paese. Di fatto la conflittualità interna al Governo Draghi non è svanita. A ben vedere, quindi, la tregua necessaria dovrebbe caratterizzare le azioni dei partiti che, valutato il contesto in cui ci troviamo, dovrebbero impegnarsi per superare la semplice contrapposizione ideologica.
Nei fatti chi paventa un aiuto agli evasori dimentica che il monte evasione è stato intaccato solo lievemente negli ultimi venti anni. Poco più di un anno fa l’ex ministro Visco ebbe ad affermare che l’impalcatura del fisco telematico non lo convinceva tanto da non essere sicuro che sia in grado di incidere concretamente sull’evasione. Dunque l’azione degli ultimi anni non è certo che abbia inciso sull’evasione, mentre è certo che non abbia favorito la crescita.
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