Lo spunto a riflettere sulla Tari viene dallo studio pubblicato a maggio dal Servizio Lavoro Coesione e Territorio della Uil, da cui emerge che nel 2022 il costo medio dell’imposta sui rifiuti sia stato, limitatamente ai comuni capoluogo di provincia, di 325 euro, con punte di 519 euro. Pisa è in testa con 519 euro, mentre Belluno è in coda con 169 euro. Le città meno care sono, in prevalenza, quelle del Nord (oltre Belluno, c’è Novara) con qualche puntata al Centro (Firenze, Ascoli Piceno e Macerata), determinando una media nazionale di 324,72 euro. Le città metropolitane comportano per i cittadini una spesa media di 489 euro a Genova, di 442 euro a Napoli, di 338 euro a Milano, di 332 euro a Venezia e Palermo e di 194 euro a Firenze.
Quella che esce fuori dallo studio è un’analisi prettamente quantitativa che mette in risalto come in 5 anni gli aumenti medi della Tari siano stati del 7,7% con punte del 69%. Si tratta di una spesa che aumenta al pari delle tariffe e dei beni di prima necessità, andando a incidere così sul reddito reale degli italiani.
La tassa sui rifiuti è il tributo destinato a finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento ed è dovuta da chiunque possieda o detenga locali o aree scoperte suscettibili di produrre rifiuti. La Tari è stata introdotta (in realtà ha sostituito spesso solo nel nome e nella misura Tares, Tarsu e Tia), a decorrere dal 2014, dalla L. 147/2013 (legge di stabilità per il 2014). Viene applicata attraverso dei regolamenti e delle delibere di determinazione delle tariffe che devono essere approvati dai Comuni entro il termine fissato dalle norme statali e sono applicabili per l’anno cui si riferiscono – e dunque dal 1° gennaio dell’anno medesimo – a condizione che tale pubblicazione avvenga entro il 28 ottobre dello stesso anno. I comuni in grado di misurare in maniera puntuale la quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico potrebbero applicare, in luogo della Tari, che ha natura tributaria, una tariffa avente natura di corrispettivo (art. 1, comma 668, della legge n. 147 del 2013). Manca un dato puntuale dei Comuni in grado di farlo.
Ritornando allo studio Uil, è intuitivo ribadire come si tratta di un’analisi quantitativa perché il dato del costo di per sé non misura la soddisfazione del cittadino e quella dei turisti che osservano le città andando in giro per le stesse. Guardando l’altro lato della medaglia, ne consegue che possa rappresentare un’occasione per misurare la validità e l’efficacia della “autonomia differenziata”.
La Tari, infatti, è una tassa che, stante la definizione contenuta nelle discipline economiche, è definita come il ristoro della controprestazione in denaro di un servizio speciale reso dallo Stato o da un altro ente pubblico a un privato che ne faccia “richiesta”. La tassa pagata dal privato dovrebbe servire a coprire il costo sostenuto dalla Pubblica amministrazione per poter offrire il servizio speciale. Esemplificando si ha, in astratto, la possibilità di valutare l’acquisito, riproporlo o meno con la differenza, concreta, che nel caso della Tari non si può scegliere di cambiare il fornitore. I cittadini, infatti, avendo l’onere di pagare la Tari, hanno un’occasione unica per poter misurare l’azione amministrativa. La politica, infatti, offre, forse inconsapevolmente, ai cittadini, che non sempre la sfruttano, l’opportunità, attraverso l’esercizio del voto a livello locale, di misurare l’efficacia (o l’inefficienza) dell’azione messa in campo attraverso la semplice osservazione delle strade. È, dunque, un’occasione di misurare il merito.
La misura del merito o della performance è sicuramente un’attività centrale nel settore privato dove viene misurata e tenuta sotto controllo grazie a tecniche più o meno sofisticate. Il merito, nell’ambito dell’azione politica e amministrativa, solo raramente è centrale. Con il Governo Meloni il merito ha conquistato, ma al momento solo a livello di annuncio, un ruolo di primo piano. A oggi, infatti, al di là della declinazione, non ha ancora trovato un’applicazione concreta.
Grazie alla Tari, dunque, si ha la possibilità di misurare il merito in occasione delle tornate elettorali, ma non sempre, complice anche le leggi elettorali, si sfrutta appieno l’occasione. Di esempi di giudizio ne abbiamo avuti pochi: Napoli e l’azione di Bassolino (che tuttavia ne è uscita bene) sono la punta, mentre dei cinghiali di Roma se ne parla poco.
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