Dal giorno che il Covid-19 è entrato stabilmente a far parte delle nostre vite, si è visto e sentito tutto e il contrario di tutto. È indelebile oramai l’impero dei pareri paradossali, una tuttologia specifica, senza né capo, né coda: esperti in virologia, scienziati di ogni punto del mondo, medici infettivologi, specialisti delle più moderne forme d’igiene, profondi conoscitori delle pandemie succedutesi nei secoli, ecc., hanno la loro collocazione nel “bailamme” di ore e ore di trasmissioni televisive che tritano e ritritano notizie, annunci clamorosi, soprattutto riguardanti fantomatici sperimentazioni di vaccini che saranno in grado di debellare il “mortal” virus entro brevissimo tempo. Poi dopo un po’ arrivano inesorabilmente, i forse, i però… che si concludono quasi sempre con delle smentite, che lasciano l’amaro in bocca.



In questo caos primordiale, i cittadini sono dominati da due sentimenti. Il primo è la paura, agitata da ondate di comunicazione che inoculano di continuo la sensazione di una guerra sempre più mortale. Il secondo è la rassegnazione. Che in una settimana possano uscire un paio di Dpcm e una caterva di ordinanze regionali è considerato nella normalità, come fosse una calamità atmosferica. Pazienza se si faticherà perfino a capire quali siano obblighi e divieti, nuovi e vecchi e futuri.



La certezza è che l’ennesima chiusura totale a causa dell’epidemia porterà il fatturato a dimezzarsi per 370mila microimprese, mentre 415mila vivono una crisi di liquidità. È indispensabile che il Governo ascolti corpi intermedi e mondo produttivo: sono in gioco un fatturato complessivo di 80 miliardi di euro e quasi un milione di posti di lavoro. Il Covid-19 potrebbe spazzare via il doppio delle microimprese che sono morte tra il 2008 e il 2019, come conseguenza della grande crisi. È in pericolo il meglio del motore antico del modello di sviluppo italiano.

Le misure pubbliche adottate durante l’emergenza non sono del tutto adatte alla situazione, rimangono come al solito luci e ombre. I sostegni alle imprese (moratoria sui mutui, garanzie statali sui prestiti) così come sono appaiono ai più insufficienti. Gli aiuti al lavoro (divieto di licenziamento, ricorso alla Cassa integrazione in deroga) e il sostegno alle famiglie (bonus babysitter, congedi parentali, Reddito di emergenza) devono proseguire anche nel prossimo anno. Rimane la confusionaria sospensione dei versamenti fiscali e contributivi per le imprese più penalizzate e per i contribuenti che non sono riusciti a pagare le rate dovute per problemi di liquidità. Si spera di ricevere buone notizie con l’approvazione della nuova Legge di bilancio dopo l’iter parlamentare.



Si attende ancora la conferma ufficiale della riapertura della rottamazione delle cartelle e pare che si avrà solo con l’approvazione del testo definitivo della manovra, che però difficilmente arriverà prima della maxi scadenza del 10 dicembre, e non ci sono proroghe in vista, almeno per il momento. È evidente che in questa occasione non è possibile affermare con certezza che l’esecutivo si stia muovendo per una nuova pace fiscale o uno stralcio dei debiti inesigibili, ma al tempo stesso possiamo affermare sicuramente che alcuni provvedimenti volti a rendere più efficiente e giusta l’attività di riscossione sono già al vaglio del Governo. Comunque pare che il totale del magazzino crediti dell’Agenzia delle Entrate ammonti a 987 miliardi di euro, di cui in realtà esigibili solo 79 e ciò significa che diventa fondamentale riuscire e ottimizzare l’attività di riscossione evitando di spendere tempo e risorse nel vano tentativo di recuperare somme ormai inesistenti, anche in vista del progetto di riforma fiscale che dovrebbe iniziare a vedere la luce a partire dal 2021.

Inoltre, appare insormontabile la querelle della chiarezza (sic!) nei testi normativi e della tempestività nei chiarimenti sulle prassi amministrative con molti meno adempimenti dei detriti burocratici. Infine, la situazione di una migliore distribuzione delle risorse pubbliche e l’erogazione degli aiuti economici per quelli che ne hanno diritto è completamente allo sbando: la maggior parte non sono mai arrivati, gli altri sono stati erogati con tempi biblici e il rallentamento per l’enormità di errori di erogazione dell’Amministrazione pubblica. Rimangono in ogni caso necessari stanziamenti economici più consistenti, se non altro tenendo conto dei soldi ricevuti dall’Europa, a giudizio di molti mal usati o (speriamo che non sia così) addirittura ancora lì da impiegare.

Per concludere, crediamo che la semplificazione da parte di un’Amministrazione a dir poco confusionaria e che si è rivelata poco capace di far fronte a questa tragedia in atto possa finalmente rendersi tangibile. Ci sembra quindi assurdo e inadeguato portare come fiore all’occhiello provvedimenti governativi come lo Spid, nuova forma di accesso ai servizi online dell’Agenzia delle Entrate (che chissà comincerà a funzionare egregiamente fra circa 10 anni), lo spostamento di scadenze dei documenti personali e la lotteria degli scontrini. Si tratta del solito fumo negli occhi: la gente, come le imprese, ha bisogno di contributi, di finanziamenti, di lavoro per vivere. Non però dopo la fine della pandemia, ma adesso. Occorre che ci si renda conto che tutti devono contribuire, soprattutto “quelli che contano qualcosa”, a ricostruire un bene comune per tutti: adesso come non mai!