L’ampio sostegno di cui ha goduto il Governo Draghi non ha consentito la piena attuazione delle riforme che tutti ci aspettavamo evidenziando con ciò l’ampia immaturità che caratterizza la classe politica.
Sono prossime le elezioni e in molti cercano di affermarsi quali prosecutori/attuatori dell’Agenda Draghi. Ma sarà vero? In attesa di conoscere i programmi elettorali a oggi si registra solo che i diversi schieramenti propongono interventi scomposti un po’ da imbonitori limitati, il più delle volte al rilancio sulla proposta dello schieramento avverso. L’unico che ancora non si è sbilanciato è il terzo polo che ancora non è nato.
Il Prof. Draghi all’atto dell’insediamento nel trattare la riforma fiscale affermò che la stessa dovrebbe “essere affidata ad esperti, che conoscono bene cosa può accadere se si cambia un’imposta”. L’affermazione fu accompagnata dalla proposta di un fisco mutuato dall’esempio della Danimarca sottolineando che la riforma degli anni ’70 nacque dalla collaborazione tra il Governo e un’apposita commissione parlamentare.
Le proposte oggi in campo si caratterizzano per essere da campagna elettorale e sono mosse da un’idea generica e confusa che non pone al centro i temi dell’equità, della famiglia e della redistribuzione. La declinazione attuale della flat tax proposta dal centrodestra non chiarisce come si compenserà la carenza di gettito rispetto al sistema attuale. Forse per la compensazione si punta al gettito rinveniente da un aumento dei consumi e, dunque, dal maggior gettito che dovrebbe produrre l’aumento della ricchezza nazionale. Con ogni probabilità la misura del 15% è un azzardo, ma vedremo.Va detto che l’idea di prevedere una aliquota proporzionale per l’incremento di reddito non è una novità, è stata già introdotta in anni passati e non costituisce una misura strutturale ma solo un rilancio. Il dibattito sulla flat tax merita un maggior approfondimento che non può essere liquidato in maniera semplicistica come una sorta di azione al contrario condotta da Robin Hood.
Chi la disegna come tale ha rapidamente dimenticato le incertezze che accompagnano il lavoro autonomo, ma lo stesso vale per il lavoro dipendente privato, manifestatesi con il lockdown che hanno giustificato i diversi interventi di sostegno varati dai Governi Conte e Draghi. Un’aliquota differenziata per i lavoratori autonomi potrebbe essere utilizzata per compensare la mancanza di tutele per il settore del lavoro autonomo e la minore spesa derivante dall’inapplicabilità di buona parte delle detrazioni e/o deduzioni fiscali rappresenta senz’altro una prima fonte per la sostenibilità finanziaria della flat tax.
Nell’altro campo si registra la (ri)proposta di Enrico Letta di finanziare una dote per i 18enni attraverso la tassa di successione da applicare alle grandi ricchezze. La proposta, ora come poco più di un anno fa, rimane vuota se non viene chiarito come questi soldi vengano vincolati a questa finalità. All’epoca della prima proposta furono registrati gli interventi del Presidente Mattarella che si è incaricò di richiamare i partiti di Governo a una leale collaborazione imponendo uno stop a polemiche scomposte per vantaggi di parte e del Presidente Draghi che, “interrogato” sul punto, ebbe a ribadire che non se n’era parlato per cui il tema non era in agenda.
La proposta di Letta potrebbe trovare cittadinanza se gli incassi di questa futura imposta fossero impiegati per concedere, senza vincoli di reddito alcuno, un prestito d’onore ai giovani che vogliono studiare. L’assenza di un limite di reddito quale condizione per potervi accedere è equa perché il prestito che si andrebbe a concedere dovrà essere restituito nell’arco della vita lavorativa. La concessione del prestito potrebbe essere accompagnata dalla previsione di bonus che trasformino tutto o una parte delle risorse in fondo perduto qualora il percorso di studio venisse ultimato con successo in un tempo ragionevole.
Il metodo Draghi e, dunque, l’agenda di cui tanto si parla, in realtà non è al centro delle idee dei partiti. In questo avvio di campagna elettorale è stato dimenticato, anche dai seguaci dell’Agenda Draghi, un inciso declinato nel discorso di insediamento:” …stiamo facendo per loro (le future generazioni, ndr) tutto quello che i nostri nonni e padri fecero per noi, sacrificandosi oltre misura”. La proposta di riforma fiscale di Draghi aveva al centro la progressività, temperata da detrazioni, e azzerò il dibattito tra chi voleva la flat tax e chi vuole mantenere la progressività, presente nella Costituzione, ma di fatto ampiamente compromessa da interventi scomposti attuati negli anni passati. È incontestabile, infatti, che il dogma della progressività (r)esiste solo per pochi, per i lavoratori dipendenti, per gli imprenditori che operano in forma individuale, per i professionisti e poco altro.
Interessante la proposta del Presidente dell’Inps, che vorrebbe che gli anni del corso di laurea se conclusa siano validi ai fini pensionistici. Al momento i programmi elettorali non sembrano accogliere il monito di Gentiloni, secondo cui un negozio a Roma paga più tasse di quante ne paga una multinazionale. Un monito che deve far riflettere sull’esigenza della riforma.
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