La Nadef, presentata il 30 settembre e che programma il deficit al 2,25% sul Pil, è stata letta e discussa. Delle sue diverse criticità, la più eclatante riguarda le coperture, che prevedono che un quarto della cifra arrivi dal recupero dell’evasione fiscale. Intanto venerdì sono usciti i nuovi dati Istat sulla pressione fiscale, che è ancora in crescita. Nell’esecutivo il dibattito sulla manovra non si è fermato. Renzi, in una lettera al Corriere, ha ribadito di aver fatto il governo per disinnescare completamente l’Iva e che i suoi hanno fatto bene a schierarsi contro qualsiasi possibilità di aumento, anche selettivo, dell’imposta indiretta. Abbiamo parlato con Nicola Rossi, economista e presidente dell’Istituto Bruno Leoni, per farci avere un parere sulle scelte fatte dal governo nella Nadef. E per farci spiegare che cosa si può ottenere, nel concreto, dalla lotta all’evasione fiscale.



L’Istat ha certificato che nel secondo trimestre 2019 la pressione fiscale è salita al 40,5% (+0,3% rispetto allo stesso periodo del 2018). Si può dire che sia tutta farina del sacco del primo governo Conte?

Si, sono state le scelte di quel governo, non andrei a cercare responsabilità più indietro nel tempo. Ma questo è un trend ininterrotto che va avanti da decenni: il Conte 1 non ha fatto niente di meno di tutti i governi che lo hanno preceduto, così come di quello che gli è succeduto.



Come giudica la Nadef nel suo complesso?

Penso che sia una manovra vuota, priva di contenuti effettivi. È semplicemente un modo per spostare in avanti un po’ di impegni, facendo fronte a delle spese non eludibili. Si poteva fare molto di più, e senza avere disavanzi più elevati, ma avendo il coraggio di agire sulla spesa pubblica.

Su quali poste del bilancio pubblico bisognava tagliare?

Una su tutte: quota 100. È stata un errore non piccolo: che ci fosse bisogno di costruire modalità di uscita per situazioni particolari è possibile, ma farlo con una misura con quei costi e quelle implicazioni doveva essere assolutamente evitato.



Renzi in una lettera al Corriere suggerisce di intervenire sui tagli a beni e servizi per recuperare risorse da destinare al taglio delle tasse. Era la strada giusta?

Su questo Renzi ha ragione, il taglio su beni e servizi è una delle cose più urgenti da cui ricavare risorse per diminuire la pressione fiscale. Se lei prende ciò che hanno scritto i vari commissari alla spending review negli ultimi 10 anni, trova un elenco discreto delle cose che si potevano e si dovevano fare. Il punto è che negli ultimi 20 anni non si è mai stati in grado di controllare la spesa pubblica come si è dovuto. E non parlo di spesa improduttiva, o di privilegi: sono discorsi che vengono fatti per parlare di tagli alla spesa cercando di essere beneducati. Dobbiamo ridurre le imposte, e per farlo dobbiamo tagliare la spesa: vuol dire spingere lo stato a fare meno di quello che fa. E farlo senza irritare nessuno è impossibile.

Sulla rimodulazione dell’Iva, ovvero un aumento selettivo dell’imposta, nel governo si continua a discutere. È un dossier che va aperto?

Sì, ma a quanto vedo è stata accantonata. È un’occasione persa: da molti anni varie istituzioni internazionali parlano di spostare la pressione fiscale da forme dirette a forme indirette. Se per ipotesi invece ora si rimodulasse l’Iva, lo si farebbe solo per trovare miliardi aggiuntivi per la copertura delle spese. Aumentare l’Iva era giusto, ma solo se fosse stato fatto a fronte di una contestuale riduzione delle aliquote delle imposte dirette, ovvero tagliare l’Irpef.

La Nadef introduce nuove tasse, come dice Berlusconi?

Si, mi sembra evidente, le coperture sono in larga misura di carattere fiscale, anzi per la verità circa un quarto vengono dalla lotta all’evasione, una scelta curiosa visto che sono cifre per loro natura incerte e aleatore. Fino a qualche tempo fa i proventi dell’evasione non potevano essere portati a copertura, e credo che l’Unione Europea avrà qualcosa da dire a proposito.

Quindi 7 miliardi di recupero dall’evasione fiscale sono un obiettivo troppo ambizioso?

Mi auguro che il governo abbia fatto bene i conti. È una cifra molto rilevante, non credo si sia mai arrivati a pensare di poter fare 7 miliardi di lotta all’evasione. Se guardo a quello che è stato inserito nel fondo per la lotta all’evasione vedo cifre molto minori. Per legge, una cosa che tutti dimenticano, i soldi recuperati dall’evasione dovrebbero andare a riduzione della pressione fiscale.

Il premier Conte propone un patto con gli italiani onesti per pagare tutti, ma pagare di meno. Su quali presupposti dovrebbe fondarsi?

Non so di che patto parli, gli italiani onesti pagano. Sono formule vuote, buone per fare marketing politico. Bisognerebbe lavorare sulle banche dati su cui si dispone, la fatturazione elettronica è un ottimo esempio. Combattere l’evasione come si è fatto negli ultimi 10-15 anni, attraverso l’incremento delle pene, non ha portato a nessun risultato. La lotta all’evasione si fa con le nuove tecnologie, con l’incrocio delle informazioni. E con la volontà politica.

Ridurre l’uso del contante, promuovendo e facilitando l’utilizzo di strumenti di pagamento alternativi e la loro tracciabilità, può essere una buona strada?

Non è ben chiaro come si voglia fare, aspetto di vedere di cosa si tratta. Ho l’impressione che possano esserci delle difficoltà tecniche: parlare di cashback sulle operazioni con carta di credito è semplice, poi bisogna capire come attuarlo.

Nel contrasto all’evasione finiscono nel mirino anche colf e badanti. L’idea è quella di trasformare i datori di lavoro in sostituti d’imposta, ma le famiglie insorgono. È un’idea che può funzionare?

L’idea di scaricare sui contribuenti anche l’onere amministrativo e burocratico non è una novità, lo si è già fatto più volte. Sono tutte scelte che non tengono conto di una questione: con una pressione fiscale così elevata, aggiungendo sui contribuenti anche la pressione burocratica gli rendiamo la vita impossibile, facendo sì che alla fine preferiscano correre il rischio di restare fuori dalla legalità.

Sull’evasione fiscale questo governo continua a ripetere gli stessi errori?

Tutti i governi degli ultimi 10-15 anni hanno almeno una volta l’anno sbandierato ottimi risultati dalla lotta all’evasione, cosa che dubito sia avvenuta. Ma anche se fosse avvenuta non è mai diventata una riduzione della pressione fiscale, che è continuata a aumentare. Anche i proventi della fatturazione elettronica, che sono stati buoni, sono andati a coprire la spesa corrente, non a ridurre la pressione fiscale. Ed è sempre questo il problema.

Col nuovo governo, la flat tax è sparita dai radar.

Io sono convinto che la flat tax sia una buona strada per riformare il sistema fiscale, di cui avremmo assoluta necessità e urgenza. Ma parliamoci chiaro: le cose fatte l’anno scorso non hanno niente a che vedere con la flat tax. Sono interventi spot su una particolare categoria di contribuenti, senza un disegno di riforma dietro. Ora questo governo ha tolto la flat tax dal tavolo, senza offrire un’alternativa a un esistente che non sta più in piedi. E il precedente governo, che aveva fatto dei passi concreti in quella direzione, l’ha trasformata in piccoli provvedimenti inorganici.

(Lucio Valentini)