Il New York Times nel commentare la riforma della giustizia ha titolato “Il riparatore dell’Italia cerca di riparare il travagliato sistema giudiziario e anche la sua politica“. Il rinvio a settembre della riforma fiscale conferma, come testimoniato dalla riforma della giustizia, che la pandemia non ha favorito la maturazione della classe politica che dimentica il ruolo delle riforme nell’attuazione del Pnrr. Al momento regge la giustificazione per cui la riforma fiscale non si può fare per mancanza di risorse non potendosi immaginare ulteriori interventi in deficit. La riforma, dunque, avrà tempi lunghi e l’auspicio che una maggioranza ampia possa agire come costituente rimane un orizzonte irraggiungibile. Come argomentato dal prof. Forte su queste pagine, la riforma sarà un compito del prossimo Governo. In attesa di verificare come crescerà la nostra economia e gli effetti della campagna vaccinale diventa centrale avviare un’innovativa fase della spending review e di semplificazione che tenga conto delle gravi conseguenze sociali e della profonda contrazione dell’attività economica causata dalla pandemia. 



Il direttore dell’Agenzia delle Entrate nei giorni scorsi ha sottolineato lo sforzo fatto per immettere nel sistema la liquidità resa disponibile dal Governo per sostenere famiglie e imprese. È stato dato risalto alle opportunità offerte dall’innovazione tecnologica per migliorare e potenziare le azioni del fisco. In particolare, è stato sottolineato come sia prioritario semplificare, semplificare, semplificare, ma anche avviare un’operazione di riordino della normativa. Si potrebbe argomentare che manca una riflessione sui diritti dei contribuenti e delle imprese (è forse ora di introdurre un statuto dei diritti delle imprese). Viene continuamente dimenticato che le istruzioni operative arrivano in ritardo e spesso appaiono dettate dalla volontà di sostituirsi al legislatore più che agire da ausiliario dello stesso. Ne sono esempio le circolari emanate nell’ultimo mese a sostegno delle campagne dichiarative (circolare 7/e del 25/06/2021 composta da ben 539 pagine) che spesso introducono strozzature delle quali non si avverte l’utilità. 



È di questa settimana l’annullamento in corsa dell’obbligo di comunicare in dichiarazione gli “aiuti Covid” ricevuti. Sarebbe utile che qualcuno verifichi la farraginosità di alcuni adempimenti che spesso sono eccessivamente ridondanti. Urge il riordino degli adempimenti legati alle comunicazioni dei dati utili a ottenere il riconoscimento dei bonus edilizi (super bonus, sisma bonus e cessione dei crediti). Sul tema l’Agenzia delle Entrate ha dichiarato di aver già risposto a oltre 5.700 domande di chiarimento, emanato due circolari, quattro provvedimenti e pubblicato due guide, oltre ad aver organizzato una sezione ad hoc sul sito dell’Agenzia che viene aggiornata di continuo. 



Non viene dato il giusto risalto alle motivazioni che “spingono” a questo massiccio intervento dovuto, spesso, a interpretazioni che non agevolano ma creano artificiosi ostacoli. Si è ancora in attesa, ad esempio, delle istruzioni per il calcolo del contributo perequativo a fondo perduto previsto dal decreto sostegni emanato a marzo e si continua a sottolineare la validità della fattura elettronica. A questo proposito quello che non convince è una delle motivazioni che ne giustificano l’introduzione. Viene sottolineato come lo Sdi sia stato utile anche per le imprese: con gli uffici postali chiusi per il lockdown come avrebbero spedito le fatture? Sarebbe banale rispondere che sarebbero state inviate a mezzo pec o email, va invece riconosciuto che l’introduzione della fattura elettronica ha contribuito a semplificare la gestione amministrativa delle aziende, ma che tuttavia presenta ancora delle strozzature che vanno superate. Per esempio, a causa di alcune posizioni non del tutto condivisibili, non è obbligatoria per tutti, per cui le aziende devono fronteggiare la convivenza tra a sistemi digitali e sistemi cartacei. Sul punto è centrale la posizione del Garante della privacy che nel sottolineare l’esigenza di tutela dei dati personali dei cittadini, come per il caso delle prestazioni sanitarie, confligge con la posizione della Agenzia delle Entrate che contesta la genericità della descrizione di alcune fatture come se fosse la forma a prevalere sulla sostanza della prestazione. 

Occorre una sintesi e va riconosciuto che alcune attività del fisco sono migliorate. Le attività di rimborso dell’Iva, ad esempio, sono sicuramente più efficienti. Non ha sostanza invece l’affermazione secondo cui la consegna dei documenti si può fare ora da remoto evitando di recarsi allo sportello. Allo stato attuale l’invio telematico deve essere seguito dalla consegna fisica dei documenti che si potrebbe evitare consentendo ai professionisti e/o alle imprese e/o ai cittadini di sottoscriverli digitalmente e, dunque, limitare il rapporto all’invio telematico senza che allo stesso segua la consegna fisica dei documenti. 

Va fatta invece una riflessione sul bilancio della dichiarazione precompilata. Viene dato troppo rilievo ai presunti benefici mentre non viene riconosciuto il ruolo e il costo, anche per sanzioni formali, sostenuto dalle aziende e dai professionisti per elaborare e mettere a disposizione quei dati che altrimenti non sarebbero disponibili. 

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