La Legge di bilancio è stata approvata nel Consiglio dei ministri di inizio settimana, ma un testo ancora non c’è. È possibile, dunque, solo provare a commentare alcune delle misure che sono state anticipate dai rappresentanti del Governo. Nessun intervento strutturale e nessuna indiscrezione sulle misure prese per le imprese, sono note solo alcune azioni previste per le famiglie e le persone fisiche.
Una di queste riguarda gli sconti fiscali. Da tempo e da più parti si era proposta una stretta alla miriade di detrazioni e deduzioni introdotte in dichiarazione, nei decenni passati di assalto alla diligenza, che rendono il quadro RP, inserito nella dichiarazione dei redditi delle persone fisiche, di laboriosa compilazione. Molte detrazioni restituiscono poco ai cittadini, ma “tanto” (in termini di consenso) alla “manina” che le ha “inserite”. L’intervento proposto, per ragioni di equità, non avrà validità retroattiva in quanto sono escluse le spese sostenute per il passato.
Dalla stretta sembrerebbero altresì escluse le deduzioni dei contributi previdenziali e assistenziali, contributi per colf e badanti, assegni al coniuge, previdenza complementare. La deduzione di questi oneri continuerà secondo le vecchie regole andando a ridurre l’imponibile da assoggettare a tassazione. L’indirizzo dato riconosce la valenza di questi oneri e, soprattutto, mira a non creare differenze tra le categorie di reddito del lavoro autonomo e del lavoro dipendente puntando a non creare disuguaglianze. I primi, infatti, deducono gli oneri previdenziali in dichiarazione e i secondi subiscono trattenute in busta paga dal datore di lavoro (nella sua funzione di sostituto di imposta o previdenziale).
Impedire la deduzione di questi oneri avrebbe ridotto il reddito disponibile dei lavoratori autonomi. Questi ultimi, infatti, avrebbero subito la tassazione dell’intero reddito conseguito, al lordo dei contributi, con riduzione del reddito disponibile. Il Governo, quindi, considerata la finalità di questi oneri (ma ciò vale anche per altri), ha scelto di non variare il loro trattamento decidendo di intervenire solo sugli oneri detraibili. Questi ultimi (spese sanitarie, interessi passivi su mutui prima casa, ecc.) vengono sottratti dall’imposta lorda per una percentuale fissata per singolo onere.
Per questa categoria di oneri sembra siano state introdotte limitazioni legate al reddito e alla composizione del nucleo familiare. È bene chiarirlo: non siamo neanche lontanamente vicini al quoziente familiare che non sembra in agenda.
Il primo passaggio punta a quantificare il plafond delle detrazioni possibili applicando le soglie percentuali previste al proprio reddito. Le soglie (che determineranno il plafond) saranno l’8% per i redditi fino a 50mila euro, il 6% per i redditi da 50 a 100mila e il 4% oltre i 100mila euro. Il passo successivo sarà applicare, a ogni scaglione di reddito, dei coefficienti correttivi legati all’ampiezza del nucleo familiare, con l’obiettivo di aumentare il plafond disponibile per chi ha più figli. Con questo meccanismo la soglia base arriverà, ad esempio, per la fascia entro 50mila euro di reddito fino a 4mila euro. A questa base, poi, dovrà applicarsi il moltiplicatore legato all’ampiezza del nucleo familiare. Il principio è che chi ha più figli potrà contare su un plafond di spese detraibili potenziato. Oltre le soglie fissate, le spese, seppur detraibili, cesseranno di esserlo rimanendo a carico dei contribuenti. È evidente, dunque, che spetterà al contribuente, in base al plafond massimo di spesa disponibile (calcolato con soglie e coefficienti), decidere quali detrazioni utilizzare.
Altri interventi sono stati proposti in tema di detrazioni edilizie (dopo l’ubriacatura del Superbonus, bonus facciate, sismabonus, ecc.) per le quali è prevista la riduzione della percentuale di agevolazione che passerà dal 50% al 36% per le sole seconde case. Anche queste spese avranno un tetto ridotto rispetto a quello attuale e saranno anch’esse legate al reddito e alla dimensione del nucleo familiare. Tutto rimarrà invariato per l’abitazione principale (per la quale, tuttavia, varrà le definizione Imu per cui viene considerata abitazione principale quella nella quale un soggetto ha la residenza e la dimora abituale) che è cosa distinta dalla prima abitazione (per la cui definizione varrà quella valida ai fini dell’imposta di registro valida al momento del suo acquisto). Su questo punto la valutazione andrà fatta nei prossimi anni, poiché sembra trascurato l’effetto moltiplicatore che l’edilizia ha storicamente sul Pil. Il Superbonus era eccessivo, ma un taglio così incisivo potrebbe rivelarsi negativo per l’economia.
Ancora ignoti sono gli interventi in favore della famiglia. Sembrerebbe essere stata prevista la decontribuzione per le lavoratrici con figli due o più che sarà estesa alle lavoratrici autonome, ma non alle lavoratrici domestiche. Questa esclusione andrebbe spiegata perché sembra discriminatoria. Sembrano confermati gli interventi sul cuneo fiscale e il taglio Irpef fino a 60 mila euro. Il primo è confermato per intero per i redditi fino a 35 mila euro. Sarà ridotto, invece, per i redditi da 35 mila a 40 mila euro. Il taglio Irpef, invece, vedrà solo una riduzione dell’aliquota per lo scaglione fra 28 mila e 35 mila euro che scenderà dal 35% al 33%. Forse queste sono le uniche novità che tuttavia vengono parzialmente compensate dal taglio delle detrazioni previsto.
Lascia perplessi la soluzione del reperimento delle risorse. La soluzione trovata per le banche rinvia al futuro il tema allorquando saranno recuperati gli acconti che oggi sono chiamate a dare. Ancora incerto è il gettito atteso dal Concordato preventivo biennale. Per quest’ultimo vale la pena fare una riflessione riferita alle imprese del settore edile. Per queste, infatti, le proposte sul reddito da concordare guardano al passato (alla stagione Superbonus, sisma bonus, ecc.) non tenendo conto che queste agevolazioni non ci saranno per il futuro.
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