Tagliato il traguardo dei 100 giorni, la strada per il Governo Draghi appare tutt’altro che in discesa. Questa settimana l’esecutivo avrebbe dovuto varare un decreto relativo alla governance del Recovery plan e un altro sulle semplificazioni, ma su quest’ultimo sono emerse delle spaccature nella maggioranza che non sembrano facilmente sanabili in pochi giorni. Se da un lato la Lega chiede la cancellazione del codice degli appalti, dall’altra il Pd sembra voler porre dei paletti alle semplificazioni.



Come farà il Premier a risolvere questa impasse? «Le semplificazioni – evidenzia Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie -sarebbero necessarie su diversi fronti, come la giustizia e il fisco, ma non c’è dubbio che quelle principali hanno a che fare con la realizzazione delle opere pubbliche. Il Governo non sta partendo con il piede giusto sulle riforme e lo si è visto anche la scorsa settimana sul fronte delle tasse».



Si riferisce alla proposta di una dote giovani da finanziare con l’imposta di successione avanzata da Letta?

Sì. Credo che il Segretario del Pd non si sia nemmeno reso conto che i patrimoni oggetto di successione possono essere anche immobiliari e quindi riguardare attività in crisi come gli alberghi. Il primo effetto di una proposta come quella di Letta è sicuramente far fuggire i capitali, di cui abbiamo estremo bisogno, all’estero. Inoltre, vengono disincentivati gli investimenti sugli immobili, perché rischierebbero di aumentarne il valore, e incentivati gli espedienti per eludere l’imposta di successione. Quando poi si cerca di rafforzare questa proposta facendo raffronti con l’estero, sarebbe bene farli anche per quel che riguarda l’aliquota massima dell’imposta personale sul reddito, che in Italia non è certo più bassa che altrove.



Secondo lei, il Pd ha avanzato questa proposta e frena sulle semplificazioni per fare da contrappunto alla Lega e avvicinarsi alle posizioni più di sinistra?

Nel caso della dote per i giovani, cerca di realizzare una manovra per accaparrarsi il loro voto, come ha fatto il Movimento 5 stelle promettendo il reddito di cittadinanza. Meglio sarebbe invece fare in modo che i giovani non paghino le tasse universitarie. Per quel che riguarda le semplificazioni, c’è da un lato la volontà di tenersi buoni i 5 Stelle, ma anche una visione dirigistica e giustizialista dell’economia.

Draghi come può uscire da questa impasse?

È difficile dirlo, per il Premier è una sfida enorme. Una strategia potrebbe essere quella di rinviare rinviare una decisione di alcuni mesi, quando il quadro politico potrebbe essere anche diverso da quello attuale, stante l’elezione del capo dello Stato a inizio 2022. Tuttavia potrebbe funzionare nel caso della riforma fiscale, ma non per le semplificazioni che sono più urgenti. Secondo me, basterebbe copiare il sistema europeo degli appalti.

Ma Letta non veniva considerato molto vicino a Draghi…

Credo che si facciano dei ragionamenti sbagliati. È vero che Letta è europeista, ma culturalmente è erede della sinistra Dc, che non è un riferimento per Draghi, più vicino semmai alle idee di La Malfa. Draghi inoltre conosce l’economia, Letta mi pare proprio di no. Ne abbiamo avuto prova la settimana scorsa.

A che cosa si riferisce?

Quando Draghi ha stoppato la proposta di Letta, spiegando che non è il momento di prendere soldi, ma di darli, non aveva certo in mente di propugnare le proposte della Lega, ma semplicemente la teoria economica, secondo la quale quando c’è un output gap occorre fare spesa in deficit per rilanciare l’economia. L’output gap dell’Italia oggi dipende dalla capacità produttiva inutilizzata a causa del Covid e da un mercato del lavoro ingessato e il Pd non sta contribuendo a rimuovere questi due fattori.

(Lorenzo Torrisi)

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