Un assist. Paradossalmente, la decisione della Bce di alzare per la decima riunione di fila i tassi di interessi e portare quello benchmark al massimo storico del 4,50% (con quello sui depositi al 4%) rappresenta infatti un assist per il Governo. Il quale, dalle 14:30 di ieri, ha un nuovo alibi cui appigliarsi per evitare di dover dire la verità. Ovvero, i conti non tornano. E non da oggi. E non per colpa della Bce. Bensì di una campagna elettorale permanente fatta in punta di promesse irrealizzabili e irresponsabili. Un po’ come le ricette magiche per fermare l’immigrazione con la bacchetta del blocco navale e altre castronerie simili.
Brutta cosa la realtà, lo dimostrano le cifre monstre del buco generato nei conti dal regalino a palazzinari e furbetti del cantiere fatto dal Governo Conte e benedetto da quello Draghi. Ora quei conti vanno saldati. E attenzione, perché la Bce ha alzato anche le stime per l’inflazione del 2024: dal precedente 3,0% al 3,2%. Sembra poco. Non lo è. Affatto. Anche perché mentre da Francoforte giungeva la decisione, comunicata con un abbondante quarto d’ora di ritardo rispetto al solito che tradiva una riunione tutt’altro che all’insegna della concordia, ecco che dagli Usa arrivava la notizia di un WTI che sfondava quota 90 dollari al barile per la prima volta dal novembre 2022, mentre la Cina tagliava i requisiti di riserva bancari per stimolare l’economia. Cortocircuito globale, confusione maoista al suo meglio.
Difficile pensare che, da qui alla prossima primavera, in un quadro di caos organico come questo, qualcosa possa invertire le dinamiche in atto. Certamente non i rialzi dei tassi di Fed e Bce. I quali servono a tutt’altro, ontologicamente visti i risultati finora ottenuti. E attenzione, perché la decisione di ieri è più politica che operativa. Anche perché ad anticipare il nuovo rialzo ci aveva pensato il Governatore della Banca centrale olandese, il falco Klaas Knot, il quale parlava già da una settimana di sottostima da parte del mercato verso un simile epilogo (di nuovo rialzo). Quando circolano parole simili, i mercati raddrizzano le antenne. E il perché della natura politica della mossa di Francoforte sta tutto in quanto accaduto nella 24 ore precedenti al D-Day del decimo rialzo. Ovvero, mercoledì.
Rewind, quindi. Si chiude. Subito. E tutto. Santander ha comunicato ai sindacati la decisione di stop all’attività delle 21 filiali italiane della sua Consumer Bank. La motivazione? Ristrutturazione. Drastica. Almeno per l’Italia. Ma a far pensare è il ramo interessato: il credito al consumo. Poco redditizio? Troppo forte la concorrenza dei soggetti nazionali? Probabile. Ma in tempi di crisi, se la banca chiude i cordoni, le finanziarie li tengono un pochino più aperti. Non fosse altro per i tassi applicati. Eppure, Santander chiude baracca e burattini. E se ne va. Lascia campo libero. O, forse, lascia il cerino in mano altrui.
Quanto c’è di mero calcolo di razionalizzazione di costi e redditività in questa scelta? E quanto un più pragmatico e crudo porre sul tavolo rischi e benefici, dove questi ultimi sono appunto gli interessi, ma i primi assumono le sembianze di insolvenze che potrebbero divenire prima incagli e poi Npl? Magari a causa di un congelamento emergenziale del Governo sulle rate. Quanto è profonda la crisi davanti a noi? D’altronde, Santander ha già fatto bingo una volta con il nostro Paese, vendendo Antonveneta a Mps con una valutazione degna di Goldman Sachs. Quante coincidenze, però. Proprio oggi, Ursula Von der Leyen ha annunciato di aver chiesto a Mario Draghi di redigere un report sulla competitività Ue. E Mario Draghi conosce bene quell’intreccio bancario italo-iberico. Così come Goldman Sachs.
In compenso, la giornata di mercoledì ha portato con sé anche dell’altro. E difficilmente il tutto può essere derubricato a mera coincidenza. Da un altro angolo di Europa ben noto all’ex pPemier italiano, la Bce, è infatti arrivato un uno-due di quelli letali nei confronti del nostro Paese. Primo, la scomunica da parte di Christine Lagarde in persona della tassa sugli extra-profitti bancari, definita senza tanti giri di parola una controproducente mossa una tantum per tamponare i buchi di bilancio. Secondo, il Consiglio direttivo della Banca centrale ha nominato la numero due della Bundesbank, Claudia Buch, a capo del Comitato di supervisione bancaria, ruolo finora ricoperto dall’italiano (e colomba) Andrea Enria. Dal 1 gennaio 2024, il potente organo di regolamentazione e controllo sarà in mano tedesca.
Cosa sta accadendo sottotraccia? Quanti iceberg hanno cominciato a muoversi contemporaneamente sotto il pelo dell’acqua per il nostro Paese? Certo, la terza tranche del Pnrr è stata sbloccata. E qualche deroga per far “defluire” fondi nel calderone delle necessità della Nadef si troverà. Ma tutto ha un prezzo. Ad esempio, la ratifica parlamentare del Mes. Prima di Natale. E prima che arrivi la quarta tranche, soprattutto. Dal 1 di gennaio, poi, la Bundesbank avrà il controllo totale sulla Bce. Vigilanza e board, stante il ruolo decisamente operativo di Isabel Schnabel in seno a quest’ultimo, non a caso anch’essa nata professionalmente alla Banca centrale tedesca. Sarà (anche) per questo che Santander ha deciso di levare le tende dal nostro Paese, in fretta e furia?
Tira aria pesantuccia, meglio che ne prendiate atto. E non per quest’ultimo rialzo. Bensì per la fine della favola. Quella in base alla quale il debito non conta, perché tanto la Bce stampa e sterilizza. E poi ci saranno strutturalmente gli Eurobond a far pagare il conto ad altri. Non a caso, avrete notato come certi geni accademici che sostenevano queste tesi monetarie siano – grazie al Cielo – tornati a occuparsi di Covid e obbligo di mascherine. O la favola in base alla quale per l’Europa è finita la pacchia, mentre siamo noi quelli costretti a un’emissione di Btp indicizzati all’inflazione a bimestre, visto che a finire potrebbe essere la correlazione salva-spread di Francoforte in versione prestatore di unica istanza.
Fine anche della grandeur di sostegni e sussidi, visto che nelle stanze romane circola con sempre maggiore insistenza la parola magica condono per ottenere la quadratura del cerchio in tempo utile per inviare la Manovra a Bruxelles. Per l’unica bollinatura che conta. E con l’Abi che ha detto chiaramente come l’extra-profitto bancario non esista, quindi difficilmente tassabile, il Governo rischia davvero di inimicarsi tutti. In un colpo solo, Bce in testa. Non a caso, Giorgia Meloni vola da Orban e torna a parlare di identità.
Si scaldano i motori per la campagna elettorale dell’election day di giugno? Signori, questo ultimo rialzo dei tassi non serve contro l’inflazione. Serve per rimettere in riga certe creste troppo alte. Se non vi va bene, chiedete l’Italexit. Perché d’ora in poi non ci saranno più pasti gratis. E il ritorno di Mario Draghi col suo auspicato occhio di riguardo dovrebbe far decisamente più paura del dogmatismo indottrinato del povero Paolo Gentiloni. Quest’ultimo recita una solo parte in copione, il primo guiderà le danze e sceglierà la musica.
Attenti a pensioni e catasto, quindi. Perché ora SuperMario opererà su mandato diretto della Commissione Ue. E senza una coalizione a limitarne il perimetro per esigenze elettorali. Quindi, stavolta non farà prigionieri.
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