Secondo Philip Lane, capo economista della Bce, l’inflazione nell’Eurozona “ha toccato il picco lo scorso anno, ma sugli alimentari e sull’inflazione di fondo c’è ancora slancio e il picco è su quest’anno”. Riguardo i tassi di interesse, ha aggiunto, “le nostre future decisioni assicureranno che saranno portati a livelli sufficientemente restrittivi, per ottenere un tempestivo ritorno dell’inflazione al nostro obiettivo di medio termine del 2%. E saranno mantenuti a questi livelli tutto il tempo che sarà necessario”.
Sul tema è intervenuto anche Peter Kazimir, Governatore della Banca nazionale slovacca e membro del Consiglio direttivo della Bce, spiegando che, sulla base dei dati odierni, “dovremo continuare ad aumentare i tassi di interesse più a lungo del previsto”. Appare, quindi, sempre più chiaro che l’Eurotower non si fermerà dopo l’ultimo rialzo di un quarto di punto della scorsa settimana. Abbiamo chiesto un commento a Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano.
Professore, cosa pensa di queste dichiarazioni?
Il dato positivo è che Lane parla del raggiungimento di un picco per l’inflazione quest’anno. Quello negativo è che la discesa sarà verosimilmente lenta e dal pattern della struttura dei consumi si può dedurre con ragionevole certezza che aumenteranno le disuguaglianze sociali, con difficoltà che non riguarderanno solo i redditi più bassi, ma, rimanendo l’inflazione elevata, lambiranno anche il ceto medio.
In sintesi, anche se l’inflazione diminuirà, non essendo aumentati i redditi al pari dei prezzi, l’erosione del potere d’acquisto diventerà un problema crescente.
Sì, oltretutto sappiamo che la perdita del potere d’acquisto è maggiore per i redditi più bassi. Per aumentare la discesa dell’inflazione occorre più concorrenza. Purtroppo, invece, assistiamo a una situazione decisamente anomala che dovrebbe essere presa seriamente in considerazione dalle autorità antitrust europee e italiane.
A che cosa si riferisce?
Al fatto che, come ha evidenziato anche il membro del Consiglio direttivo della Bce Fabio Panetta, ci sono diverse imprese che hanno realizzato profitti elevati. C’è da chiedersi allora dove sia andata a finire la concorrenza. Ci sono evidentemente delle sacche di rendita se si riescono a realizzare profitti in questo modo.
Dalle dichiarazioni di Lane e Kazimir si deduce che ci saranno ancora aumenti dei tassi, che saranno mantenuti a livelli restrittivi per un tempo non breve. Questa strategia che implicazioni può avere?
Quando mesi fa lo si teorizzava, dissi che che non esiste un atterraggio morbido. Questo non significa, però, che si debba assistere a una brusca caduta libera dell’economia. Una strategia come quella prefigurata, infatti, apre le porte a un duraturo ciclo negativo. Non dobbiamo dimenticare che i tassi di interesse elevati incidono sui mutui, sul mercato immobiliare, sul credito bancario, sui titoli di stato, ecc.
È vero che la Bce ha come target solamente il controllo dell’inflazione, ma le affermazioni di Lane e Kazimir sembrano dimenticare totalmente l’andamento del Pil, come si desse per scontato che l’economia crescerà comunque…
Guardi, l’aspetto che più mi stupisce è che è ben vero che la crescita non è un obiettivo sullo stesso livello dell’inflazione al 2%, ma nel Trattato di Maastricht c’è un’attenzione della politica economica alla crescita. Con questa politica monetaria, però, si soffoca la crescita.
La politica monetaria è compito della Bce, la politica economica non dovrebbe spettare ai Governi?
In parte è così. Ci vorrebbe quanto meno un coordinamento tra politica fiscale e politica monetaria. Il binomio aureo, soprattutto per l’Italia, resta investimenti-riforme. Per un Paese come il nostro credo siano importanti anche gli investimenti per l’ambiente. La produttività, infatti, può aumentare attraverso l’innovazione, che può essere stimolata da una sempre più attenta cura del patrimonio ambientale del nostro Paese.
Per attuare quel binomio aureo servirà, però, anche una riforma del Patto di stabilità che lasci il giusto spazio agli investimenti.
Se si vuole basare la riforma sull’idea che prima viene la salute fiscale e poi gli investimenti, allora occorre rovesciare questa sequenza. Gi investimenti, infatti, favoriscono la crescita, che a sua volta consente con certezza di ridurre il rapporto debito/Pil. È l’ABC dell’economia, ma per un decennio abbiamo fatto l’opposto e i risultati si sono visti. Vogliamo replicarli?
(Lorenzo Torrisi)
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