Intervistata da Cnbc, Christine Lagarde ha detto che “stiamo osservando un processo disinflazionistico” che, se resterà in linea con le previsioni della Bce, consentirà di rendere “la nostra linea monetaria meno restrittiva”, “a patto che non ci siano altri shock”. La discesa dell’inflazione sta in effetti proseguendo: come confermato ieri da Eurostat, a marzo è scesa in termini tendenziali al 2,4% dal 2,6% di febbraio, avvicinandosi ancora di più al target del 2%.«Questo è un dato – ci dice Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano – che fa ben sperare, perché si riporta sui livelli di novembre dopo che a dicembre c’era stato un rialzo al 2,9%. Credo occorra, invece, prestare attenzione all’andamento dell’indice dei prezzi in Italia».



Perché?

L’Istat martedì ha comunicato che la crescita tendenziale di marzo è stata pari all’1,2%. Bisognerà monitorare l’andamento dell’inflazione nel nostro Paese per capire se rispecchia o meno un indebolimento della domanda aggregata, anche perché rispetto agli altri principali partner europei siamo una “anomalia”: in Germania l’inflazione a marzo è salita del 2,3%, in Francia del 2,4% e in Spagna del 3,3%.



Cosa pensa, invece, delle dichiarazioni di Christine Lagarde?

Negli Stati Uniti sembra allontanarsi la prospettiva di una riduzione dei tassi, mentre nell’Eurozona la situazione sembra più favorevole. C’è da sperare che giugno possa essere la volta buona per vedere un taglio dei tassi da parte della Bce.

Dunque si potrebbe arrivare a vedere una Bce che agisce prima della Fed?

Esattamente. Questo chiaramente potrà offrire un po’ di respiro aggiuntivo alle famiglie per quel che riguarda i mutui e alle imprese per quel che concerne i loro piani di investimento.

Tuttavia, il riferimento della Lagarde ai possibili shock, proprio nei giorni in cui si teme un’escalation in Medio Oriente, non fa ben sperare…



C’è da augurarsi che non succeda nulla, come anche nel Mar Rosso, da cui recentemente non sono arrivate notizie di un peggioramento della situazione. C’è da sperare che questo dipenda da un pausa negli attacchi alle navi, perché potrebbe anche voler dire che si è trovata una qualche forma di equilibrio in grado di scongiurare il peggio.

Nel World Economic Outlook del Fondo monetario internazionale diffuso martedì è scritto che “laddove le aspettative di inflazione a breve termine e gli indicatori sottostanti dell’inflazione stanno chiaramente diminuendo verso l’obiettivo” sarebbe appropriato “muovere gradualmente i tassi verso una posizione di politica più neutrale”. Cosa ne pensa?

Concordo con questa valutazione che trovo equilibrata. Di fatto il Fondo monetario internazionale sta dicendo che basterebbe anche una piccola riduzione dei tassi, non per forza un taglio secco a livelli bassi. Credo che nel breve termine potrebbe essere uno scenario molto plausibile.

L’importante, forse, è evitare una “marcia indietro” con un rialzo dei tassi qualche mese dopo il loro taglio.

Questa è un’osservazione importante. Dopo che abbiamo vissuto una repentina impennata dei tassi, una “marcia indietro” di questo tipo potrebbe essere rischiosa. Io penso che se si arriverà a una riduzione dei tassi lo si farà, com’è stato spiegato anche dalla Lagarde, sulla base di dati di fatto e tenendo conto anche di eventuali shock. Quindi, tornare indietro sarà molto complicato.

Il Fondo monetario internazionale ha anche tagliato le stime di crescita del Pil dell’Italia per il 2025, portandole allo 0,7%, sullo stesso livello previsto per quest’anno. Qual è il suo giudizio in merito?

Non è certamente un buon segnale e spero che questa valutazione non dipenda da una convinzione circa un rallentamento dell’attività produttiva e degli scambi. Anche se una dinamica di questo tipo resta pur sempre nel novero delle possibilità.

Il Centro Studi di Confindustria ha però rivisto al rialzo le stime per quest’anno (+0,9% dal precedente +0,5%) e per il prossimo vede un Pil al +1,1%.

Sì, questa view più positiva dipende in primo luogo dall’effetto su investimenti e consumi che si attribuisce a una politica monetaria della Bce meno restrittiva, con più tagli quest’anno, oltre che a un’efficace attuazione degli investimenti previsti nel Pnrr. C’è, quindi, da sperare che non ci siano ritardi né da parte dell’Eurotower, né nella messa a terra dei circa 100 miliardi di euro che abbiamo a disposizione tra il 2024 e il 2025 tramite il Programma nazionale di ripresa e resilienza.

(Lorenzo Torrisi)

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