Christine Lagarde è stata chiara: “La priorità assoluta e immediata della Bce è riportare tempestivamente l’inflazione al nostro obiettivo di medio termine del 2%. E lo faremo”. Non sarà un compito facile se, come spiegato dal suo vice Luis de Guindos, durante la presentazione del Rapporto annuale della Bce, a seguito della ripresa del turismo in questi mesi bisognerà prestare attenzione all’inflazione che può provenire dai prezzi dei servizi. Il rischio, dunque, è che l’Eurotower debba continuare ad aumentare i tassi di interesse anche dopo l’estate. Abbiamo fatto il punto con Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano.
Professore, cominciamo dalle considerazioni di de Guindos sull’inflazione che può arrivare dal settore dei servizi.
Se si tratta di aggiustamenti dei prezzi giustificati e contenuti non si corrono rischi particolari, ma, ahimè, temo che i rialzi possano essere corposi. Credo, infatti, che di fronte agli aumenti generalizzati che finora ci sono stati non mancherà chi coglierà al volo l’occasione per conseguire dei margini un po’ rilevanti.
Sta dicendo che ci sarà chi aumenterà i prezzi perché l’hanno fatto un po’ tutti?
Sì e questo non potrà che continuare ad aggravare il problema inflazionistico, oltre che rappresentare un freno sociale di cui faremmo volentieri a meno. Se i prezzi aumentano e in vacanza ci va solo chi se lo può permettere, alla fine ne viene danneggiato anche lo stesso settore dei servizi.
Di fatto c’è il rischio di dover fare ancora i conti con un’inflazione elevata e la Bce sembra conoscere una sola soluzione…
È questo che mi preoccupa. Se la Bce intende mettere mano all’unico potentissimo strumento che ha, cioè l’aumento dei tassi, di certo non ne trarremo grande giovamento. Abbiamo già visto che la domanda di prestiti bancari si è fermata. E questo non è positivo.
Certo, aumenta il rischio di una frenata dell’economia. Se poi salgono i tassi, cresce anche la spesa per gli interessi sul debito. Tenendo conto delle Raccomandazioni della Commissione europea, per cui occorre tenere sotto controllo il deficit, come si possono finanziare gli investimenti per la crescita? Così sembra che le istituzioni europee ci spingano verso la recessione…
Bruxelles ci chiede di tagliare quando stiamo già tagliando. Credo che ci sia una sorte di ossessione sui conti del nostro Paese: è vero che non sono brillanti come vorremmo, ma non sono neanche quel disastro che si dice. A fine 2022 il debito pubblico italiano ammontava a circa 2.756 miliardi di euro, pari a poco più del 140% del Pil, mentre quello francese era arrivato a 2.950 miliardi, corrispondenti a circa il 112% del Pil.
Perché cita questi dati?
Perché si temeva molto la decisione di Moody’s, poi rinviata, sul rating dell’Italia, rimasto quindi a Baa3, un gradino sopra il livello “junk”, ovvero spazzatura, quando per la Francia è pari ad Aa2. Una differenza difficile da spiegare alla luce dei numeri prima citati.
Professore, se guardiamo alle decisioni della Bce e alle indicazioni della Commissione europea è come se emergesse un quadro per cui le istituzioni europee non danno priorità alla crescita.
Questa è una sacrosanta verità. È come se non si fosse realizzato che siamo tutt’altro che in una situazione economica florida. I Paesi principali non sono del tutto ancora fuori dalla crisi. Lo vediamo dal livello di disoccupazione di Italia e Spagna, da una Germania in recessione tecnica, dai disordini e dagli scioperi in Francia.
Si è sempre detto che la politica fiscale e quella monetaria devono andare a braccetto, ma qui sembra lo facciano per andare dalla parte sbagliata…
Assolutamente. Se la politica monetaria diventa ancor più restrittiva finisce per “strozzare” anche quella fiscale che già non appare indirizzata verso l’espansione. L’economia europea rischia molto.
Una situazione diversa da quella degli Stati Uniti, nonostante la querelle sull’innalzamento del tetto al debito.
Sì, una soluzione sul tetto al debito alla fine è stata trovata. In ogni caso che gli Usa abbiano un disavanzo ragguardevole e possano essere tutto sommato indifferenti alla sua dimensione è un fatto.
(Lorenzo Torrisi)
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