Il 2025 potrebbe essere l’anno di un progressivo allentamento della stretta monetaria da parte della Bce e della Fed, con una graduale diminuzione dei tassi di interesse.
Nel corso del 2024 la Bce ha progressivamente ridotto i tassi di interesse di un punto percentuale passando dal 4% di inizio anno fino al 3% cui si è giunti con il quarto taglio dell’anno nell’ultima riunione del Consiglio direttivo che si è svolta a dicembre. La maggior parte degli analisti è concorde nel ritenere che nel corso del 2025 si continui nella riduzione dei tassi di interesse e che già nella prossima riunione prevista a fine gennaio si proceda a diminuirli di altri 25 punti base. La Presidente Christine Lagarde ha comunque ribadito diverse volte durante i suoi interventi che la Bce non ha intrapreso una rotta prestabilita e che le varie decisioni sui tassi di interesse dipenderanno dagli ultimi dati consuntivi e previsionali relativi a inflazione, disoccupazione e crescita macroeconomica.
Per quanto riguarda invece l’inflazione, gli analisti si attendono un tasso di crescita stabile intorno al 2%, più precisamente al 2,1% per il 2025 e all’1,9% per il 2026; considerando quindi lo stabilizzarsi del costo del carovita, la Bce potrebbe decidere di tagliare maggiormente i tassi per stimolare la crescita economica.
Le ultime proiezioni macroeconomiche per il 2025 hanno infatti rivisto al ribasso la crescita del Pil dell’area euro segnando un incremento dell’1,1%, con un ribasso dello 0,2% rispetto all’1,3% delle proiezioni di settembre 2024; tale rallentamento è prevalentemente dovuto agli investimenti inferiori alle attese nella prima metà del 2024, alle aspettative di riduzione delle esportazioni nel 2025 e a una diminuzione della domanda interna nel 2026. L’impatto sulla crescita della stretta monetaria dovrebbe comunque ridursi grazie al calo dei tassi di interesse in corso nonostante continui ancora a ripercuotersi sull’economia reale; rimane tuttavia una certa incertezza in merito all’entità e alla tempistica di tale impatto negativo che dovrebbe, però, esaurirsi entro il 2026. Il mercato del lavoro per il 2025 dovrebbe invece rimanere resiliente con un tasso di disoccupazione sostanzialmente stabile al 6,5%, confermando quindi le previsioni di settembre.
L’allentamento della stretta monetaria potrebbe anche esercitare una pressione al ribasso sull’euro: in generale, l’incertezza a livello politico delle due delle principali economie europee, Germania e Francia, e il potenziale impatto delle politiche economiche che Donald Trump ha promesso di attuare durante la campagna elettorale, rischiano di avere un impatto significativo sulla crescita globale (non solo dell’area euro) e anche sull’inflazione.
Negli Stati Uniti sono ancora incerti i piani della Federal Reserve rispetto a ulteriori tagli dei tassi di interesse nel 2025, in quanto si attende di capire quale politica adotterà il neopresidente eletto Donald Trump e quali effetti avrà sull’economia: se, come preannunciato in campagna elettorale, saranno introdotti dazi alle importazioni e modifiche alla politica fiscale, l’inflazione potrebbe aumentare velocemente. Nella conferenza stampa di dicembre a valle dell’ultima riunione della Fed nella quale è stato deciso di tagliare i tassi di 25 punti base, il presidente Jerome Powell ha usato spesso le parole “incerto” o “incertezza”, a testimoniare che il quadro è ben lontano dall’essere definito affermando che “l’incertezza deriva dal fatto che ci aspettiamo cambiamenti significativi a livello politico”.
Le proiezioni per il 2025 indicano una crescita del Pil degli Stati Uniti al 2,1% con un tasso di disoccupazione al 4,3% e dell’inflazione al 2,4%: nell’ultima rilevazione del carovita dell’anno relativa al mese di novembre è stato registrato un incremento del 2,7% in linea con quanto previsto dagli analisti ma comunque in crescita rispetto ai valori di settembre (2,4%) e ottobre (2,6%) e soprattutto superiore al 2%, valore obiettivo di stabilità dei prezzi, che insieme al raggiungimento della massima occupazione, rappresenta il duplice mandato della Fed. Gli analisti ritengono che l’inflazione potrebbe stabilizzarsi intorno al 2% nel quarto trimestre 2025 piuttosto che nel secondo, com’era stato precedentemente previsto.
Non resta quindi che attendere gli ultimi giorni del mese quando la Fed (28 e 29 gennaio) e la Bce (30 gennaio) si ritroveranno nella prima riunione del 2025 per capire quale saranno le decisioni che verranno prese.
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