Oggi, alle 9, a Francoforte suonerà il gong di un round che potrebbe essere decisivo per le sorti dell’Europa, Italia in testa, già alle prese con un’inflazione al galoppo, prezzi dell’energia alle stelle e una stagflazione, se non recessione, all’orizzonte. A partire da quell’ora, infatti, si riunirà il Consiglio direttivo della banca centrale europea, chiamato a prendere una decisione delicata sul fronte della politica monetaria. La Bce deciderà sul nuovo tasso d’interesse e molti analisti prevedono che ci sarà un ritocco significativo, tanto che più d’uno si spinge a immaginare un rialzo addirittura di 0,75 punti. Dovesse essere così, sarebbe un gancio sferrato in pieno mento all’economia italiana. La stretta monetaria, infatti, avrebbe due conseguenze, secondo Massimo D’Antoni, docente di scienza delle finanze nell’Università di Siena: da un lato, “c’è la fondata preoccupazione che molte attività potrebbero non reggere politiche monetarie restrittive” e, dal lato del bilancio pubblico, questa scelta “può costringere a tagli di spesa o aumenti di imposte, cioè a politiche fiscali, oltre che monetarie, di carattere restrittivo”. La speranza, dunque, è che la Bce non affondi il colpo, usando una mano più leggera.



Oggi è in programma la riunione della Bce. È previsto un aumento significativo dei tassi: quale potrebbe essere l’impatto sull’Italia, sui suoi fondamentali e sui conti pubblici?

L’innalzamento dei tassi serve a contrastare l’inflazione operando sulla domanda. L’effetto è quello di rendere più caro il credito e quindi spingere imprese e famiglie a ridurre le loro spese. È chiaro che una riduzione della domanda allenta la pressione sui prezzi, ma il prezzo da pagare è un rallentamento dell’attività economica. Qualcuno in questi anni ha fatto buoni affari, ma non stiamo certo uscendo da un periodo di vacche grasse, l’economia è stata colpita dagli effetti della pandemia e più recentemente dai contraccolpi delle sanzioni alla Russia, c’è la fondata preoccupazione che molte attività potrebbero non reggere politiche monetarie restrittive.



E sui conti pubblici?

E’ giusto parlarne. Interessi più alti significa maggiore spesa pubblica per i paesi a elevato indebitamento, come il nostro. In presenza di vincoli di bilancio questo può costringere a tagli di spesa o aumenti di imposte, cioè a politiche fiscali oltre che monetarie di carattere restrittivo.

Ha ancora senso combattere l’inflazione creando recessione? Non c’è una strada alternativa?

Nelle azioni delle banche centrali si cerca di utilizzare anche l’effetto annuncio, per influenzare le aspettative degli operatori. L’idea è che l’inflazione dipenda molto dalla credibilità della politica monetaria, oltre che dagli effetti reali di tale politica. Molti sono convinti che un’azione decisa, un rialzo netto dei tassi, sia più efficace, perché mostra la determinazione della Bce a perseguire il proprio obiettivo di inflazione. La scommessa è che se tutti quanti credono che l’inflazione verrà fermata, l’inflazione si fermerà rapidamente, senza grossi costi elevati all’economia. La verità è che sulle aspettative è difficile fare previsioni.



I rendimenti dei BTp sono arrivati al 4% e il Tesoro ha già dovuto pagare dieci volte tanto quello che ha sborsato nel 2021. Sarà un autunno rovente per i titoli di Stato italiani?

Come dicevo, interessi più alti significa più spesa pubblica. Bisogna tuttavia considerare che alla fine ciò che conta è il tasso di interesse reale, cioè il tasso calcolato al netto dell’inflazione. Se l’inflazione è maggiore del tasso di interesse, il tasso reale è negativo e un debitore ci guadagna, perché è vero che, da un lato, aumenta l’esborso per interessi, ma dall’altro l’inflazione erode il valore reale del suo debito. Questo per dire che, a fronte dell’inflazione, un aumento dei tassi è fisiologico e non è il problema principale. Diverso sarebbe, certo, se la risposta della Bce fosse un aumento dei tassi molto consistente.

La speculazione ha già messo qualche giorno fa nel mirino l’Italia. Dopo la riunione Bce e in vista dell’uscita di scena di Draghi come presidente del Consiglio dobbiamo aspettarci una nuova impennata dello spread?

Potrei sbagliarmi, ma non credo che le politiche comunque ancora alquanto prudenti della Bce o l’esito delle elezioni possano giustificare attacchi speculativi. Mi sembra che a preoccuparci in questo momento debbano essere altre cose, ad esempio il fatto che molte famiglie hanno redditi non indicizzati e quindi per loro l’inflazione si traduce in una perdita di potere d’acquisto. Non siamo più ai tempi della scala mobile. Anche per questo il timore che l’inflazione determini una spirale di crescita tra prezzi e salari mi pare esagerata.

Intanto Draghi è alle prese con le nuove misure di sostegno all’economia, ma sullo sfondo si stagliano le ombre della NaDef e della manovra 2023. Cosa potrebbe e dovrebbe fare Draghi da qui a metà ottobre, quando probabilmente entrerà in carica il nuovo governo?

C’è l’emergenza del prezzo dell’energia. Per il resto non credo che un governo in carica per l’ordinaria amministrazione possa e debba fare molto.

Venerdì è in programma il vertice Ue straordinario sul gas per cercare un accordo sul price cap. Intanto Francia e Germania hanno stretto un accordo di scambio sull’energia. Andrà a finire che sarà l’Italia a trovarsi con il cerino in mano, pagando il conto più salato dell’emergenza gas?

Quando una risorsa così essenziale come l’energia diventa scarsa è un po’ mors tua vita mea e senza un coordinamento chi ha maggiore difficoltà a ridurre i consumi o ad approvvigionarsi da fonti alternative rischia di più. Finora l’Europa non ha mostrato grande capacità di agire in modo coordinato su questo punto. Le ipotesi sul tavolo della Ue, a cominciare dal price cap, servono a evitare che i paesi affrontino l’emergenza in ordine sparso, facendosi concorrenza a vicenda. Diciamo però che una vera soluzione è possibile solo nel lungo periodo, quando si saranno potenziate fonti alternative al gas e al petrolio. Nel breve periodo già è un risultato se riesci a distribuire i costi nel modo più equo. Vedremo cosa verrà fuori dal vertice di venerdì.

(Marco Biscella)

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI