Uno studio islandese che conferma la capacità della variante Omicron di eludere i vaccini anti Covid è diventato la nuova “arma” dei no vax per attaccare la loro efficacia. Un errore dovuto al fatto che l’efficacia dei vaccini viene misurata sulla trasmissione, non sulla protezione garantita dall’ospedalizzazione e dalla forma grave della malattia. Lo studio in questione, pubblicato sulla rivista scientifica Jama Network Open, evidenzia in primis che «una percentuale sostanziale di persone ha sperimentato una reinfezione da SARS-CoV-2 durante i primi 74 giorni dell’ondata Omicron in Islanda, con tassi fino al 15,1% tra i soggetti di età compresa tra 18 e 29 anni».
I ricercatori hanno constatato che più tempo trascorre dall’infezione iniziale, maggiore è la probabilità di reinfezione, a conferma del calo graduale dell’immunità. Il dato sorprendente, che viene sbandierato dai no vax sui social, è che è stata registrata una probabilità «leggermente superiore» di reinfezione per chi ha ricevuto almeno due dosi di vaccino rispetto a quelli che hanno ricevuto una dose o nessuna.
REINFEZIONI COVID, RISULTATI STUDIO IN ISLANDA
«Questo risultato deve essere interpretato con cautela a causa dei limiti del nostro studio, che includono l’impossibilità di aggiustare le complesse relazioni tra infezione precedente, idoneità al vaccino e condizioni di base», avvertono gli autori dello studio sulle reinfezioni Covid, Elias Eythorsson e Runolfur Palsson del Landspitali–The National University Hospital of Iceland. Una precisazione a cui ha poi fatto seguito una spiegazione. Al 1° dicembre 2021 il 71,1% della popolazione islandese era stato vaccinato. Questo potrebbe spiegare la probabilità leggermente superiore.
Peraltro, parliamo di uno studio che ha coinvolto 11.536 persone risultate positive al tampone PCR, di cui il 25,5% aveva ricevuto almeno una dose di vaccino. Le reinfezioni Covid sono state osservate in 1327 persone (11,5%) durante il periodo Omicron. Tra coloro che avevano ricevuto una dose o meno di vaccino, l’11,7% (1007 su 8598 individui) è stato reinfettato, rispetto al 10,9% (320 su 2938 individui) che aveva ricevuto 2 o più dosi. Infatti, ricercatori concludono che «i risultati suggeriscono che la reinfezione è più comune di quanto si pensasse. Ora la domanda chiave è se l’infezione con la variante Omicron produrrà una migliore protezione contro la reinfezione Omicron, rispetto ad altre varianti».