Bollino verde per centrali a gas e nucleare. La Commissione europea ha annunciato ieri, dopo numerosi rinvii, l’atto delegato complementare sulla tassonomia climatica che, come nelle bozze circolate a cavallo della fine dell’anno, ha previsto l’inserimento nella tassonomia verde del gas naturale e dell’energia da atomo per la generazione elettrica, entrambi riconosciuti come investimenti sostenibili. Un privilegio finora riservato alle fonti rinnovabili.
Scontata la reazione stizzita degli attivisti ambientali contro il progetto della Commissione, la quale precisa che la tassonomia non è uno strumento di politica energetica ma una leva finanziaria nella cassetta degli attrezzi del Green Deal per orientare gli investimenti privati verso le tecnologie ritenute necessarie per il conseguimento della decarbonizzazione totale per il 2050. Sono indicazioni e neppure vincolanti, nel senso che la tassonomia non impegna fondi europei, e neppure impedisce che alcun settore economico riceva capitali.
Eppure, nonostante questa blanda ingerenza, la tassonomia ha acceso profonde divisioni degli Stati pro-nucleare, capeggiati dalla Francia, e quelli sostenitori del gas guidati dalla Germania. Il testo finale è soprattutto frutto della ricerca di mediazione tra i Paesi membri, ma anche il tentativo fornire una risposta politica di medio termine al vulnerabile contesto energetico europeo. All’alzata di scudi provocata dall’inserimento di gas e nucleare nella tassonomia che, finora, era riservata alle sole fonti rinnovabili, Bruxelles risponde che le fonti rinnovabili rimangono la priorità della politica climatica europea, ma non potranno da sole rispondere alla crescente domanda di elettricità (+6% su scala globale, il più alto incremento dal 2010) per effetto della loro intermittenza non programmabile. Da cui la necessità a titolo transitorio di incoraggiare l’investimento in una generazione elettrica stabile e di alti volumi senza tuttavia rinunciare al cronoprogramma di abbattimento delle emissioni.
Prima tappa, 2030, 45% di emissioni in meno rispetto al 1990. A titolo comparativo, grazie anche alla contrazione di emissioni di gas serra durante l’anno pandemico l’Europa si attesta attualmente a -31% di emissioni complessive. Coerentemente con gli obiettivi climatici, la tassonomia accoglie nuovi impianti a gas, ma a condizioni molto stringenti. Per le centrali che ottengono un permesso di costruzione entro il 2030, e solo a condizione di sostituire degli impianti molto inquinanti, il limite emissivo è fissato a 230gr di CO2 per kWh. Dopo questo periodo transitorio di adattamento, il limite si abbassa a 100gr di CO2 per kWh. Una soglia irraggiungibile con le tecnologie attuali senza l’integrazione nell’impianto di procedimenti di cattura e sequestro del carbonio. Oppure con generazione di idrogeno mediante elettrolisi o fotocatalizzatori.
La tassonomia, che dovrà essere approvata dall’europarlamento, non piace agli ambientalisti ma non convince neppure la finanza. Un esempio per tutti, la Banca europea per gli investimenti si è dissociata dalla classificazione comunitaria perché i propri parametri interni sono più rispondenti alla sostenibilità di lungo periodo. Mentre la tassonomia sarebbe focalizzata a trovare la quadra tra tornaconti di breve periodo di economie più o meno sbilanciate sull’atomo o sugli idrocarburi.
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