Caro direttore,
mi hai chiesto di spiegare a tutti il fatto della rivolta dei tassisti contro il decreto concorrenza.
Partiamo da un dato: non lo chiede l’Europa. L’Europa non chiede la liberalizzazione del trasporto pubblico non di linea, di mettere in concorrenza i due servizi, cioè taxi ed Ncc (noleggio con conducente) o creare concorrenza in particolare nel servizio taxi. Perché, si chiederà chi ci legge? Perché ci sono varie ragioni.
La prima, l’accesso ai due servizi è sulla base di condizioni diverse, le due attività sono regolamentate da licenze diverse, ma paradossalmente un’impresa Ncc può valere molto di più di un’impresa taxi facendo bene il suo servizio di fidelizzazione dei clienti con servizi di prenotazione.
La seconda ma fondamentale ragione riguarda la ratio dei servizi. Il taxi è fatto di un sistema regolamentato tra domanda ed offerta per ottenere una tariffa amministrata coerente tra utenza ed attività, un regolamento dell’obbligo di prestazione e forma delle stesse a carico del tassista per garantire la copertura a tutta l’utenza del servizio di autopubbliche, dalla vecchietta che fa duecento metri di corsa a chi va a Malpensa. Una forma di tutela non discriminatoria dell’offerta del servizio in quanto servizio pubblico da piazza.
Invece l’Ncc ha tariffa libera, nessuna regola se non l’attività d’impresa, ma in questo caso non può fare servizio di autopubblica, altrimenti ci sarebbe un grave contrasto ideologico operativo ed economico.
Quindi una prima complessità che anche chi non è di questo mestiere non può fare a meno di tenere in considerazione. Di fatto sono due servizi diversi e complementari, persino la Corte costituzionale ne ha ribadito la necessaria differenziazione. I casi sono due: o noi tassisti abbiamo il protettore in detta Corte, non me ne si voglia, o ci sono delle ragioni. Cioè argomentazioni del significato dei due servizi. Che non sono banalità, tanto quanto è una banalità dire la parola concorrenza.
Entro nel merito della parola concorrenza. Un paradosso: nonostante la concorrenza, beni e servizi possono per i più costare molto per il basso potere d’acquisto o per la limitata redistribuzione del sistema economico.
Il mantra della parola concorrenza si rivolge alla pancia, gli argomenti annoiano ma sono i fondamentali per cogliere il punto del bene comune. La politica, anche quella che sembra alta, parla alla pancia per ottenere il consenso, ma per capire gli effetti occorre la testa.
Il sistema taxi attuale nasce dal fallimento negli anni 60-70 delle imprese taxi. Ne l’Atm, né imprenditori privati erano interessanti ad un comparto come quello dell’autopubblica da piazza, così un giudice milanese sentenziò di attribuire ad ogni autista delle imprese fallite la licenza, nella speranza che l’impegno degli stessi mantenesse in piedi il livello del servizio e la sua redditività. La dismissione a pagamento della licenza era una sorta di promessa di un possibile Tfr, poiché l’attività dell’autista era molto più simile ad un dipendente della propria attività autonoma che un imprenditore che faceva reddito dell’impresa. Nessuno scandalo, nessuna mafia di tassisti faccendieri, ma un modo all’italiana di sistemare le cose. In realtà, è un sistema praticato in quasi tutto il mondo, quindi non è corretto dire “modo all’italiana di sistemare le cose”.
Tra l’altro, proprio l’impegno finanziario favorisce una qualità del servizio, tant’è che il servizio di Milano è arrivato quarto a livello europeo come qualità in una classifica dell’Aci di qualche anno fa.
Oggi, la licenza è tassata alla vendita, ma in realtà è l’attività che ha un suo valore, poiché permette sin da subito di avere reddito. Il controllo della qualità del servizio avviene attraverso una commissione disciplinare molto seria, che interviene nei casi controversi o abusi nel servizio.
L’attività di Ncc permette di fare impresa, ma per fare impresa in questo caso ci devi saper fare. A Milano, molti Ncc che vogliono un mercato aperto sono Ncc che non sanno fare impresa, che prima erano tassisti i quali venduta la licenza vorrebbero fare i tassisti con Uber scavallando tutto il sistema taxi che fa il suo dovere controllato dalle pubbliche autorità.
Ho citato l’attività di Uber. È illegale poiché utilizza Ncc come tassisti. Avessi fatto io un radiotaxi per Ncc la polizia postale lo avrebbe fatto chiudere il giorno stesso. Qui noi ci appelliamo alla concorrenza, ma sleale. Il governo forse vuole trasformare la concorrenza sleale in leale con un decreto attraverso la populistica formula della parola “concorrenza”.
Cosa è Uber? Una società iperfinanziarizzata che utilizza metodi corsari per allargarsi nel mondo ed i suoi fans sono i prometeici followers delle società tecnologiche che sognano ed inseguono un mondo robotizzato.
Ma noi diciamo anche questo: se volete questo mondo ci dovete comperare le nostre attività, che diventando di un monopolista, non basta il valore di trasferimento, poiché non potrò più comperarla e l’attività non potrà più essere di proprietà “popolare”, anzi, il driver sarà l’ultima ruota del carro mente l’utente il pollo da spennare con il surge pricing.
Se il governo vuole questo anziché la società redistributiva e la libera impresa – cioè ciò che è più vicino al bene comune – lo faccia comprandoci le attività, non utilizzando il potere della nostra Repubblica con un esproprio di fatto mediante un atto legislativo.
Non basta questo a fare scatenare una strenua difesa non dello status quo, bensì gli elementi fondamentali del rapporto Stato-cittadino e della ricerca del bene comune?
Cari signori, la realtà è complessa anche nel fare il tassista. Occorre capire bene il valore delle cose, delle scelte, delle idee che s’inseguono o degli ideali che illuminano.
Non so se è sufficiente questo breve e sintetico scritto. Sono disponibile ad intervenire laddove si vogliono ulteriori approfondimenti.
Grazie per l’interesse dimostrato verso questa vicenda.
Ciro Pica
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