TE DEUM. Ti ringrazio, mio Dio, di avermi creato e fatto cristiana. Ti ringrazio nonostante tutto, e nonostante tutte le mie lamentele, dato che troppe cose non le capisco. Il dolore sparso nel mondo, acuito quest’anno dall’insensatezza di una pandemia che vorremmo solo poter attribuire agli uomini, tanto per avere una causa. Il dolore di chi vive nella paura dell’anima, nella solitudine, nell’abbandono dei propri cari. La paura che si attacca alla pelle e contagia il cuore, straziandolo, impedendogli di respirare, di guardare in alto.



Non abbiamo fatto i conti, non vogliamo farli, col Covid. Non è solo un tema sanitario, psicologico, sociologico, economico. È un tema antropologico e teologico. Non passerà invano, non lascerà tutto tornare come prima. Per cosa spendiamo correndo, affannati, la nostra vita? Che sguardo abbiamo verso gli altri, se in un attimo diventano nemici, temuti, odiati? A che vale la fede, se non per consolare il nostro individualismo malato o preservare apparentemente integre le nostre piccole comunità?

È dura dirTelo, ma Ti ringrazio per il pensiero che scorre da questo tempo drammatico, e torna insistente, pignolo, sulla domanda di senso. Cui solo Tu puoi rispondere, e aspetto sempre che Ti riveli tra le folgori, in una visione luminosa. Mentre mi chiedi lo sforzo titanico di cercarTi e trovarTi nelle piccole cose, nel povero amore che so dare e ricevere.

Ti ringrazio perché questi giorni bui, privi eppur mendicanti di umanità, così egoisti e superficiali, stringono a Te chi hai scelto, e chi nonostante la sua povertà Ti sceglie, ogni giorno.

Ti ringrazio per la Chiesa, che come mia madre mi irrita e mi inquieta, o mi fa arrabbiare. Ma che amo immensamente, oltre ogni ragione. Vorrei voci profetiche, vorrei vederla in piedi, forte e chiara, non intimidita, divisa, piegata a volte al politicamente corretto di una Weltanschauung dominante, omologata, opportunista o falsa. E poi mi ricordo, nome per nome, i tanti testimoni, suore, preti, padri e madri che vivono nel Tuo nome, e Ti portano in giro in questo mondo distratto e cinico, col sorriso dei giusti. Eccoti, Chiesa, e io non saprei dove andare, fuori dalle tue case. (Perché amo la casa dove dimori, Dio, e non saprei rifugiarmi altrove, quando si fa pesante il pianto. Il luogo dove abita la Tua gloria, il Santissimo che mi attende, e mi ributta per le strade e a spendere tempo e talenti dati. Quindi sì, Te Deum anche per le chiese, belle e brutte, ma custodiamo quelle belle, che parlano con l’eternità della pietra di una fede rocciosa che abbiamo perso).

Te Deum per chi sopporta tribolazione in pace, per Laura e Paolo e Antonella, che ha perso un figlio, e l’altra Antonella, che resiste serena all’ingiustizia. Te Deum per tutte le lacrime che nascono dalla commozione condivisa, e perdono per quelle sprecate a piangere per sé soli.

Grazie per i bambini, Signore, per chi ha il coraggio di metterli al mondo, per chi li cura e li sa guardare, quando giocano, sognano, inventano, e sprofondano lo sguardo per domandare, per sapere, conoscere, attenti e curiosi, e fiduciosi del nostro niente. Se fai nascere i bambini, Signore, vuol dire che ci ami ancora, che il mondo e la Tua Chiesa hanno il futuro. Grazie perché ci insegnano a guardare e spalancare le braccia. Perché se hanno paura non si vergognano di piangere, e chiedere. Grazie perché abbiamo a chi chiedere, a Te per l’intercessione di Tua Madre. Sorreggi, placa, consola, riscalda, ispira, pacifica, allieta. Amen.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI