Tedua: “per fare il rap fatto bene ci vuole cultura”

Tedua è tra gli ospiti della prima puntata della nuova stagione di “Stasera C’è Cattelan“, il talk show italiano condotto da Alessandro Cattelan in seconda serata su Rai2. Il rapper è da mesi a i vertici delle classifiche con il disco “La divina commedia”, un disco importante in cui ha collaborato con grandi nomi della musica rap tra cui Gué nel brano “Scala di Milano”. Un brano destinato a diventare una hit in cui rappa “Spero che i rapper facciano gli scrittori”. Intervistato da Rolling Stone ha raccontato sul brano: “che tornino a fare gli scrittori! Come Marracash, grande scrittura lirica che viene dai palazzi, ma era una generazione diversa, dove c’era più spessore culturale: quei ragazzi street studiavano, noi eravamo delle bestie. L’unico forte che si è visto negli ultimi dieci anni è Kid Yugi, che è fresco di studi, ha fatto lo scientifico. Ragazzi, non prendiamoci per il culo: per fare il rap fatto bene ci vuole cultura. Certo, oltre vent’anni di tv commerciale e rincoglionimento generale hanno reso tutto questo più difficile”.



Nel brano “La verità”, invece, il rapper ha lanciato una frecciata a chi gli dava del finto intellettuale: “rispondo alle critiche di chi diceva che il mio modo di parlare volesse ostentare di essere un finto intellettuale. Magari ci sarà un 10% di me che vuole dimostrare agli altri di potercela fare venendo dal basso, ma il resto è frutto solo delle mie esperienze”.



Tedua, il successo con l’album “La divina commedia”

Un successo straordinario per Tedua con il disco “La divina commedia”. Mesi ai vertici delle classifiche e tante critiche, ma il rapper genovese parlando dell’idea del titolo del disco ha rivelato: “ppuò essere pretenzioso, dal punto di vista hip hop è una bella mossa da gradasso, da uno sicuro di sé. È una bella strafottenza da alberghiero! Non mistifico la letteratura, essendo uno scrittore so che anche gli altri erano degli scappati di casa come me, è la critica che mistifica. E poi ricordi che uno come Tupac si ispirava a Macchiavelli… Certo c’è ci mi accusa sui social di non esser stato fedele al testo di Dante, ma questa è la “mia” divina commedia”.



Un disco importante “mainstream” che ha permesso al rapper di farsi conoscere dal grande pubblico. “Secondo me sono stato bravissimo” – ha detto il rapper precisando – “l’inferno rappresenta l’inizio della fama, perché quella che prima era una passione che poteva cambiarti la vita, quando poi te la cambia diventa un lavoro. E il lavoro ha dei compromessi perché vendi un prodotto all’interno di un’industria quindi il Purgatorio non è altro che il viaggio della consapevolezza per riacquisire coscienza di sé: diventi famoso, hai sfogato i tuoi traumi da adolescente e ti chiedi “chi sono?”. Col Purgatorio ti fai un sacco di pippe mentali e capisci chi sei. Quando l’hai capito e sei soddisfatto della tua arte, quello è il Paradiso, che non è la perfezione, perché quella non esiste. Sono stato bravo perché ho rispettato il compromesso dell’industria senza snaturare la mia spontaneità artistica, quella che puoi sentire in Intro, Outro, Bagagli, nella strofa con Gué e in quella con Marra”.