In assoluto la prima promessa elettorale di Donald Trump è stata quella di chiudere la guerra ucraina, facendolo in 24 ore. Per questo all’indomani delle elezioni, vista l’apparente inattività dei primi tempi di mandato, molti, specialmente tra i detrattori, si sono chiesti se veramente il neo-eletto avesse volontà e capacità di mettere mano al dossier.
Senza smentirsi però, con la sua consueta, rozza “diplomazia della mannaia”, Trump ha affrontato la questione e messo in campo proposte consistenti. Ha strapazzato Zelensky, anche a favore di telecamera, ed ha fornito a Putin una serie di motivi per arrivare al compromesso. E a poche ore dalla telefonata con Putin, terminata con una proposta di cessate il fuoco parziale, Donald Trump e Volodymyr Zelensky hanno avuto un colloquio telefonico per approfondire la questione. Una telefonata che Trump ha definito molto buona. L’obiettivo è fermare gli attacchi russi alle infrastrutture energetiche ucraine, vero fulcro strategico della sicurezza e della stabilità dell’intera regione.
La giornata era iniziata con Tim Walz, consigliere per la Sicurezza USA, che annunciava di aver concordato con il suo omologo russo una serie di colloqui USA-Russia per la pace in Ucraina da tenersi in Arabia Saudita. Su X appariva la notizia di un colloquio telefonico in corso tra Trump e Zelensky e l’agenzia russa Tass annunciava colloqui per il cessate il fuoco in Ucraina da tenersi tra USA e Russia in Arabia Saudita.
Da ultimo l’inviato di Trump, Steve Witkoff, attraverso Bloomberg, riferiva di negoziati a partire da lunedì prossimo, prevedendo un cessate il fuoco in Ucraina entro un paio di settimane. Sempre la Tass ci dice che Putin avrebbe accettato una tregua temporanea e di interrompere gli attacchi alle infrastrutture energetiche ucraine.
Si tratterebbe di una proposta limitata di fronte alla tregua incondizionata di 30 giorni accettata da Kiev su pressione degli USA – ma respinta da Mosca –, che prevedeva la sospensione totale delle ostilità via terra, aria e mare. Zelensky si è detto pronto anche ad un cessate il fuoco limitato, ma ha rimarcato l’esigenza di garanzie USA affinché sia rispettato. “La parola di Putin che non colpirà più le infrastrutture energetiche non è sufficiente. La guerra ci ha resi persone pratiche”, ha dichiarato il presidente ucraino.
Siamo in attesa dei dettagli del colloquio tra Zelensky e Trump per comprendere quali saranno i siti energetici strategici da proteggere e se vi siano le basi per un accordo. Tuttavia, la sfiducia tra Mosca e Kiev rimane alta e proprio oggi i contendenti si sono accusati a vicenda di nuovi attacchi contro infrastrutture critiche.
A margine di questi fatti dobbiamo anche registrare il mutismo ed al massimo il balbettio dell’Europa, che sostanzialmente non ha capito l’importanza di affrontare questo momento di verità, decisivo per l’esistenza stessa dell’Europa come soggetto politico piuttosto che come oggetto geopolitico. È la differenza che passa tra stare al tavolo mondiale come commensale o come pietanza nel menu.
Zelensky afferma di aver ottenuto le garanzie preventive per la tregua, ma tale concessione non è nei programmi russi e americani. Occorre dire che, in modo coerente allo stile mercantilista trumpiano, le garanzie sono nelle contropartite previste nelle promesse di pace.
Distacco russo dalla Cina, controllo del gas russo in Europa attraverso la riapertura del Nord Stream, risorse minerarie strategiche ucraine come pagamento dei debiti di guerra: questa è la contropartita USA. Liberazione dal rapporto di subordinazione con la Cina, accesso al mercato del gas europeo, consolidamento delle conquiste sul terreno ucraino, Ucraina fuori della NATO: questa è la contropartita russa.
Da ultimo è da registrare il rilievo che l’Arabia Saudita sta assumendo nelle relazioni internazionali, un ruolo che è emerso nella soluzione della crisi siriana e che si sta consolidando con la garanzia degli accordi per l’Ucraina. Riyad si prepara in tal modo a supportare la proiezione geopolitica degli Usa nell’area.
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