Dopo Gaza, Mar Rosso, il Libano, un quarto fronte di guerra potrebbe a breve aprirsi nel martoriato Vicino Oriente. Si tratta di Cipro, ex colonia britannica, isola fratturata in due parti dopo l’invasione turca del 1974: la Repubblica di Cipro (che fa parte dell’ONU) e Cipro del Nord (Stato riconosciuto solo dalla Turchia), con in mezzo (fin dal ’64, nella zona demilitarizzata parallela all’unico muro che resiste ancora in Europa) i caschi blu della missione UNFICYP (United Nations Peacekeeping Force in Cyprus), tra i quali anche un ristretto contingente italiano.
Pochi giorni fa, il capo degli Hezbollah Hassan Nasrallah ha lanciato la sua minaccia proprio contro Cipro, membro dell’Unione Europea e del Commonwealth ma non della Nato: “Colpiremo obiettivi sensibili sull’isola di Cipro” se ritenuta supportare in qualche modo Israele nella potenziale guerra tra il gruppo militante libanese e lo Stato ebraico. A stretto giro, alla tv CyBC il portavoce del governo cipriota Konstantinos Letymbiotis ha replicato che “Cipro non è coinvolta e non sarà coinvolta in alcuna guerra o conflitto, pertanto le dichiarazioni del leader di Hezbollah non corrispondono alla realtà”.
Immediata anche la reazione di Bruxelles: “Cipro è uno Stato membro dell’UE, ogni minaccia a Cipro è una minaccia a tutta l’UE”, ha avvertito il portavoce del Servizio di azione esterna della Commissione europea. “Seguiamo da vicino – ha proseguito – le tensioni fra Libano e Israele e diamo il benvenuto agli sforzi di USA e Francia per calmare la situazione: è necessaria la de-escalation. L’UE è in contatto con i rappresentanti del Libano e altri partner nella regione”.
Ora, che Cipro sia da sempre considerata la portaerei (per jet ma anche per droni) più orientale del Mediterraneo è ben noto. Così come si sa che da sempre l’isola è un vero hub per le intelligence di tantissimi Paesi, che da questa postazione avanzata possono monitorare agevolmente tutto il Mediterraneo orientale (vi opera, ad esempio, anche il centro d’ascolto francese a Paphos). Ma è anche la base logistica per forze d’élite di marines USA e SAS britannici (uno squadrone elitrasportato), e i commandos KSK, KSM, GSG9 tedeschi, i canadesi, gli svedesi e molti altri. Forse però bisogna ricordarsi che a Cipro sono attive (in seguito agli accordi risalenti al 1959) due basi militari sovrane inglesi, Akrotiri e Dhekelia, da dove partono anche i raid aerei contro i ribelli Houthi nello Yemen, che proprio ieri annunciavano di avere nuovamente attaccato la portaerei della marina americana USS Eisenhower, nel Mar Rosso, e il cargo Transworld Navigator nel Mar Arabico.
Da Akrotiri operano il 903esimo Expeditionary Air Wing (diversi tipi di elicotteri e velivoli da trasporto) e l’84esimo Squadron (coi Bell 412) della Royal Air Force (Raf) ma l’aeronautica inglese, a rotazione, distacca lì anche i suoi cacciabombardieri Typhoon, proprio per le operazioni in Medio Oriente. Le minacce di Hezbollah, insomma, sono il consueto mix di propaganda e ipocrisia: i terroristi filoiraniani sanno fin troppo bene, e da sempre, cosa accade a Cipro, quindi le loro somigliano più a querele preventive per tentare di frenare le attività NATO, che a concreti proclami di guerra.
La situazione dell’intero quadrante, però, si complica ancora, con preoccupanti segnali di uno sconfinamento delle azioni. E a preoccupare ancora di più, sia gli strateghi militari che le diplomazie, è che poco distante, in Siria, operano anche due avamposti russi, la base navale di Tartus e quella aerea di Ḥumaymīm/Kheimim, nei pressi di Latakia. Bisogna considerare anche la recente installazione militare russa sul versante siriano delle alture del Golan, sul confine israeliano. Presenze ingombranti, che fanno sventolare la bandiera del Cremlino a sottolineare la sua nuova linea strategica geopolitica e militare, non più semplice sostegno a Paesi complici, ma una vera pressione su tutta l’area. Un’area sempre più vasta, visto che la Russia starebbe negoziando la costruzione di una base navale in Libia, nel quadro di un accordo in materia di difesa tra Mosca e l’Esercito Nazionale Libico (LNA) del generale Khalifa Haftar.
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