Vogliono riunificarsi alla Serbia. E anche se sanno che il loro progetto non può essere realizzato a breve termine, continuano a perseguirlo e a parlarne apertamente. Questa volta hanno sfruttato l’occasione delle celebrazioni della Repubblica Srpska (Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina), una delle due entità che insieme alla Federazione croato-musulmana costituisce l’attuale Bosnia-Erzegovina, come sancito dagli accordi di Dayton (Usa) firmati nel 1995. I serbo bosniaci guidati da Milorad Dodik, spiega Azra Nuhefendic, giornalista e scrittrice bosniaca collaboratrice del quotidiano di Trieste Il Piccolo, non fanno mistero delle loro intenzioni e mantengono stretti legami con Putin, così come con i cinesi e anche Orbán, il presidente ungherese. E questo senza che ci sia una sostanziale opposizione, al di là delle parole, da parte dell’Occidente. Insieme alla Serbia del rieletto presidente Vucic, rappresentano una sorta di enclave filorussa all’interno dell’Europa: un altro pericoloso focolaio di tensione nei Balcani.



La Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina vuole far parte della Serbia: è un sogno o un progetto che può veramente realizzarsi?

Quello di staccarsi dalla Bosnia è un obiettivo a lungo termine, non possono farlo né oggi né domani. Però è un pericolo latente, reale. Il presidente Dodik, il suo partito e i serbo-bosniaci della Repubblica Serba ci stanno lavorando. Questo obiettivo è stato dichiarato durante la guerra degli anni 90. Lo storico serbo Milorad Ekmecic, professore universitario, uno dei teorici della guerra in Bosnia-Erzegovina, verso la fine del conflitto aveva detto: “Bisogna avere pazienza, aspettare fino a quando la situazione internazionale sarà favorevole ai serbo-bosniaci per staccarsi”. Lo ha ripetuto Cosic, che si considerava uno dei padri della Repubblica Serba. Dodik lo dice in ogni occasione: le sue dichiarazioni sono più audaci di quelle che furono di Radovan Karadzic da presidente della Repubblica Serba.



Cosa è cambiato rispetto agli anni 90? Ora ci sono le condizioni per riproporre la riunificazione con la Serbia?

La situazione internazionale è cambiata. La Bosnia Erzegovina non è al centro delle preoccupazioni dell’Unione Europea, perché ci sono altre guerre in Medio Oriente e in Ucraina. Dodik è un turbo-nazionalista, ma non è così capace da muoversi da solo, senza avere alle spalle la Serbia, la Russia e la Cina, che lo sostengono.

Perché il tema della riunificazione con la Serbia ha ripreso quota proprio in questi giorni?

Il 9 gennaio si festeggia la Repubblica Serba, una data fissata ancora prima che cominciasse la guerra, quando i serbi della Bosnia-Erzegovina avevano annunciato cosa volevano fare, indicando tra gli obiettivi quello di ripulire il Paese dai non serbi: un genocidio, un crimine di guerra. Le celebrazioni organizzate in questi giorni si rifanno a quello. Non sono state niente di che, ma la minaccia è seria. L’Alto rappresentante per la Bosnia Christian Schmidt aveva dichiarato che non le avrebbero tenute, ma non è stato così: un episodio che ha messo in ridicolo il suo ruolo, manifestando la sua impotenza. Sta lasciando che i serbo-bosniaci facciano quello che pare a loro.



Come si sta manifestando concretamente la volontà di riunificarsi con la Serbia?

Ostacolano il funzionamento della Bosnia-Erzegovina: ritirano i rappresentanti dalle istituzioni federali, dicono che il Paese così come è oggi è una costruzione artificiale, hanno mandato una circolare nelle scuole obbligandole a chiedere un permesso per prendere iniziative insieme ad altri istituti della federazione, non permettono agli sportivi di fare parte delle nazionali, hanno installato delle tubazioni per il gas collegandosi alla Croazia senza dire niente allo Stato. Dodik quando parla toglie la bandiera della Bosnia e mette quella della Serbia o della Repubblica Serba in Bosnia. Insomma una serie di piccole e grandi cose che contribuiscono a sostenere la tesi della riunificazione. C’è anche la possibilità che i serbo-bosniaci possano ottenere la cittadinanza della Serbia.

Come sono i rapporti di Dodik con Putin?

Ottimi. Si sono visti diverse volte, hanno interessi comuni. Dodik, tra l’altro, ha venduto una serie di aziende ai russi.

Serbia e Repubblica Serba di Bosnia sono i due avamposti della Russia in Europa?

Di sicuro. Dodik e i serbo-bosniaci sono sostenuti anche dalla Croazia e dai croati della Bosnia. HDZ, il più importante partito dei croati-bosniaci, è dalla loro parte. Anche la Croazia durante la guerra è stata accusata insieme alla Serbia di crimini. I croati prestavano ai serbi i cannoni per bombardare i bosniaci.

Quando c’è stata la Festa della Repubblica Sprska hanno fatto notizia i due F16 americani che si sono levati in volo, qualcuno dice come monito per i serbo-bosniaci. Gli americani che ruolo hanno in questa situazione?

Gli USA non hanno nessun ruolo. Come ha detto Zeljko Komsic, croato-bosniaco non nazionalista (e per questo inviso agli stessi croati) che fa parte dell’organo collegiale di tre persone che rappresenta la presidenza bosniaca, gli aerei sorvolavano Srebenica anche durante il genocidio che ha segnato la guerra. La conseguenza di questi voli è stata nulla. Gli americani hanno messo Dodik sulla lista degli indesiderati, colpendolo con delle sanzioni. Ma le sanzioni non funzionano contro la Russia, figuriamoci se servono a qualcosa contro di lui. Non basta condannare sulla carta, se poi non seguono i fatti. Dodik è sostenuto dai nazionalisti, ha legami strettissimi anche con il presidente ungherese Orbán.

Ma come si vive oggi nella Repubblica dei serbo-bosniaci?

Chi non è serbo rischia di subire anche violenze. A Srebrenica, la città che è stata teatro del genocidio di 8mila musulmani bosniaci, oggi è sindaco un nazionalista.

Dodik stesso ha fatto riferimento nei suoi discorsi a personaggi come Ratko Mladic e Radovan Karadzic, che sono criminali di guerra. È così?

Sì. Eppure all’inizio è stato portato dagli americani, le sue dichiarazioni erano contro Karadzic. Ora la pensa diversamente da allora.

(Paolo Rossetti)

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