Dopo un ventennio vissuto “pericolosamente” fra continui incidenti e provocazioni, si è riaperta a luglio la tensione fra Kosovo e Serbia, mai sopita dal 1999 quando le forze Nato intervenendo ufficialmente per proteggere la popolazione albanese dalle violenze serbe, strappando l’intera regione alla madre patria serba. Un mese fa le autorità kosovare hanno stabilito che documenti e targhe automobilistiche serbe non sarebbero più state considerate valide, cosa che ha scatenato le proteste della minoranza serba, con anche l’intervento del presidente serbo Vučić che l’altro ieri ha detto che Belgrado è pronta a intervenire per difendere i suo connazionali.
Il contingente Nato, di cui fanno parte carabinieri italiani e truppe americane da sempre di stanza al confine fra i due Paesi, sono state allertate mentre un bombardiere americano B52 ha sorvolato i territori, quasi come un monito per ricordare i tragici bombardamenti Nato di Belgrado di vent’anni fa.
Secondo il generale Marco Bertolini, già comandante del Comando operativo di vertice interforze e della Brigata Folgore in numerosi teatri di guerra, dalla Somalia al Kosovo e all’Afghanistan, “questa crisi è certamente collegata a quella ucraina, in quanto crisi tra Mosca e Nato e la Nato si trova anche in Kosovo. La Serbia è sempre stata il portabandiera russo nei Balcani: bisogna fare attenzione che non si apra un nuovo fronte”.
Si alza la tensione fra Kosovo e Serbia dopo il fallimento dei colloqui con il responsabile esteri dell’Ue Josep Borrell. C’è chi dice che dietro a questa crisi ci sia la Russia che sta soffiando sul fuoco per distrarre l’attenzione dall’Ucraina aprendo un nuovo fronte di contesa. Che idea si è fatto?
Che ci sia dietro Mosca è difficile da dire. Sicuramente è una crisi collegata con quanto sta succedendo in Ucraina.
In che senso?
La crisi in Ucraina non è una crisi fra Kiev e Mosca, ma fra Mosca e l’Occidente e la Nato soprattutto. Il Kosovo, per quanto non faccia parte della Nato per via di una risoluzione di Belgrado che continua a considerarla una regione serba, di fatto è nella Nato. In Kosovo c’è di stanza un contingente Nato nel quale noi italiani siamo inseriti e ne siamo responsabili; c’è una frizione fra un Paese che di fatto è nella Nato anche se non ufficialmente, e un Paese come la Serbia che è sempre stato molto vicino alla Russia per motivi culturali e religiosi.
Ritiene che questo quadro possa portare a un’escalation?
La possibilità che si arrivi allo scontro esiste: la guerra in Ucraina ha smosso gli equilibri in tutta Europa e quindi anche nei Balcani. La città di Mitrovica è divisa da un ponte fra i due Paesi, qui la maggioranza degli abitanti è serba e grazie a una tacita autorizzazione da parte di tutti ha mantenuto forti contatti con la madrepatria. La Serbia, insieme ai suoi alleati Russia e Cina, si sempre è rifiutata di riconoscere la dichiarazione di indipendenza del Kosovo del 2008.
Lei è stato in missione in Macedonia e in Bosnia proprio in quegli anni. Si è recato anche in Kosovo?
Sì. Allora il Kosovo era l’area di crisi per antonomasia, oggi è una zona quasi dimenticata. Ricordiamo che quando si aprì la crisi e si decise di intervenire per fermare il massacro degli albanesi del Kosovo, i primi a intervenire furono proprio i russi. Era il giugno 1999 e una cinquantina di mezzi blindati entrò in Serbia, dal confine bosniaco, attraversando Belgrado e dirigendosi verso il Kosovo, ma in seguito alle pressioni occidentali venne bloccata. Ci fu il tentativo esplicito da parte russa di mantenere almeno la parte settentrionale del Kosovo in mano serba, ma fallì.
Insomma, una situazione rimasta sempre in sospeso.
Una situazione contraddittoria. Ricordiamo che sia Kosovo che Serbia hanno chiesto di entrare nell’Unione Europea. Il Kosovo per i serbi rappresenta la terra santa dell’ortodossia, il nazionalismo serbo è nato qui, nella battaglia contro i turchi della Piana dei Merli nel 1389. La Serbia è importante per la Russia e la Russia attraverso l’Ucraina è in guerra contro la Nato, e in Kosovo c’è la Nato. È un’area che non va sottovalutata, potremmo avere delle sorprese.
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