Perché un bambino di dieci anni decide di togliersi la vita? Ci sono drammi che possono trovare risposta solo nel calore di una famiglia, nella fatica di una storia intessuta e vissuta insieme. Resta tuttavia lo sgomento per quanto accaduto nelle scorse ore a Battipaglia, dove una normale giornata di casa e di scuola si è trasformata in una tragedia. Ha detto alla mamma, uscendo con lei per andare a lezione, che aveva dimenticato l’astuccio, ma il piccolo Simone (il nome è di fantasia) è tornato tra le mura domestiche per lanciarsi dalla finestra: un gesto plateale, troppo da adulto per non essere in qualche modo frutto di un’emulazione, di racconti ascoltati da qualcuno o da immagino viste alla tv. Ma il punto non è questo: il punto è, ancora una volta, il nemico che abbiamo dentro e che lentamente ci consuma, divorandoci in una spirale di dolore e di insensatezza, il nemico è il vuoto.



Nell’infanzia il vuoto è spesso alimentato dalla paura e dal senso di colpa: paura di non essere amati, da mamma e papà o dagli amichetti della scuola, senso di colpa per le molteplici situazioni degli adulti, di cui ci si percepisce in qualche modo responsabili. È la grande sensibilità dei bambini a farli sentire colpevoli o inadeguati, è quella sensibilità a riempire di delusione e solitudine il loro piccolo cuore, lasciandoli in balia di un nulla che rende ai loro occhi la vita insopportabile. Nessuno sa se a Simone siano passate nella testa queste cose, ma quale desolazione deve avergli trafitto il cuore per pensare di spegnersi prima ancora di accendersi, per tentare di morire prima ancora di provare a vivere!



Simone adesso rischia di morire, ma quello che è morto in lui – come in tutti coloro che arrivano sul crinale dell’oblio – è la speranza. A qualunque latitudine del tempo e della storia l’uomo si trovi, infatti, non è infrequente ritenere che il tutto della propria vita coincida con ciò che si vede e che si prova: la mente diventa ostaggio di idee, paure, silenzi che la isolano sempre di più dalla realtà, da quello che c’è, per confinarla nell’aridità di un pensiero che la violenta e la disonora. Tutti gli uomini muoiono così: non quando i loro occhi si chiudono, bensì quando il loro cuore smette di essere appassionato e curioso.



Negli adulti questa morte è coperta da effluvi di parole, di gesti eroici o cinici, ma nei bambini non ci sono finzioni. E Simone sta lì a ricordarci che, mentre vinciamo le nostre mille battaglie – e ci diplomiamo, ci fidanziamo, ci laureiamo, ci sposiamo, abbiamo figli, cerchiamo lavoro e diventiamo vecchi – il vero nemico sta accovacciato alla nostra porta, aspettando di poterci divorare. Il fatto è che spesso ha già vinto, gettandoci nell’incredulità, nel cinismo, nella sottile violenza con cui siamo soliti declinare l’amore.

Giù da quella finestra si buttano in tanti. Qualcuno nella disperazione del vivere. Molti altri nell’apatia del sopravvivere.