La terapia genica nell’ultimo periodo viene sempre più utilizzata per cercare di curare determinate patologie o malattie altrimenti incurabili, dimostrandosi particolarmente efficiente anche per alcuni tipo di cancro. In particolare, avrebbe avuto ottimi risultati, con tassi di remissione tra il 40% e il 50%, su alcuni tipi di linfoma, sulla leucemia linfoblastica acuta (tipica in età pediatrica) e sul mieloma, mentre un’ultimo filone di ricerca si sta concentrando sulle malattie autoimmuni.



Complessivamente, forte anche dei risultati contro il cancro, la comunità scientifica sta puntando molto sulla terapia genica, spingendo affinché se ne anticipi l’utilizzo. Tuttavia, nel frattempo, la Fda e la Ema, gli enti regolatori dei farmaci rispettivamente americano ed europeo, hanno messo sotto la lente di un’approfondita indagine le terapie Car T. Sono, infatti, sempre più frequenti (ma ancora fortunatamente poco preoccupanti) i casi di pazienti trattati con terapia genica per il cancro che hanno sviluppato un tumore secondario, soprattutto una precisa forma di leucemia e alcuni linfomi. Sulla Car T, infatti, non vi è alcuno studio in merito al rischio di comparsa di tumori secondari, a differenza della chemioterapia e della radioterapia, ragione per cui Fda e Ema hanno deciso di agire.



L’indagine Fda-Ema sulla terapia genica contro il cancro

Concretamente, va sottolineato, il rischio di sviluppare tumori secondari dopo il trattamento contro il cancro con la terapia genica è ancora piuttosto irrisorio, ma un approfondimento è sicuramente doveroso anche al fine di rendere questo tipo di trattamenti più sicuri ed aumentare la consapevolezza dei pazienti. A livello americano (non sono disponibili dati da parte della Ema), la Fda stima almeno 22 casi di tumori secondari, su oltre 8mila trattamenti effettuati fino ad ora.

Non vi sarebbe, insomma, nessun tipo di allarmismo nell’indagine aperta dagli enti regolatori sulla terapia genica usata per trattare il cancro. Tesi ribattuta, sul Sole 24 Ore, anche da Franco Locatelli, direttore del Dipartimento di Oncoematologia e terapia cellulare e genica dell’Irccs Bambino Gesù di Roma, secondo il quale “i casi riportati sono talmente minimi che non intaccano il rapporto rischio-beneficio”. Maria Luisa Nolli, team leader dell’officina di Locatelli al Bambino Gesù, invece, nell’indagine avviata sulla terapia genica contro il cancro, vede “uno sprone per tutti gli attori, dalla comunità scientifica a quella aziendale, ai regolatori, alle istituzioni, per fare vettori che siano sempre più sicuri”.