Siamo davanti al tipico momento di transizione. Secondo i dati che arrivano dalle varie zone della Lombardia, se ad esempio Milano e Brescia sono ancora fortemente colpite dai contagi Covid, altre zone stanno scendendo il crinale tanto che potrebbero considerarsi fuori della zona rossa. Per il professor Emanuele Catena, direttore Uoc di Anestesia e rianimazione dell’Ospedale Luigi Sacco di Milano, da noi intervistato, “quello che noi osserviamo ovviamente nel nostro ospedale non è ancora il raggiungimento del picco, ma un rallentamento del numero dei ricoveri rispetto a qualche giorno fa.



Questo significa che ci stiamo dirigendo verso il picco, ma quello che non si può ipotizzare è quanto possa durare la discesa”. Non c’è mai stato un vero allarme posti letto in terapia intensiva in Lombardia, ci ha detto ancora, “perché siamo intervenuti in tempo mettendo a disposizione progressivamente sempre più letti”. Questo però ha portato a un altro problema: “La prossima ondata riguarderà non i pazienti Covid, ma quelli colpiti da altre patologie che adesso non riusciamo a curare. Abbiamo il sospetto che molte morti siano di questo tipo di pazienti, soprattutto quelli con problemi cardiovascolari”.



In molte zone della Lombardia, ad esempio a Brescia, è allarme posti letto nelle terapie intensive, altrove ci sono segnali che i contagi stanno scendendo. Voi che impressione avete?

Quel che osserviamo noi al Sacco è una decelerazione della salita. Un rallentamento dei ricoveri che ci fa pensare che siamo vicini al picco.

È un fenomeno che si era registrato anche l’anno scorso? È così che funziona l’andamento del virus?

Sì. Si comincia ad avere la sensazione che la pressione diminuisca, ma poi questo precede l’arrivo al picco. Altra cosa assai diversa è invece quanto tempo impiegheremo a scendere. Il picco si può anche mantenere come curva a lungo e questo è difficile da prevedere in questa fase.



Secondo il responsabile regionale delle terapie intensive della Regione Antonio Pesenti a marzo si è arrivati a 1500 malati di Covid ricoverati con un totale di 1800 posti letto. Non esiste dunque un vero allarme?

Noi a livello lombardo un vero allarme non lo abbiamo avuto perché siamo stati in grado di prevedere per tempo l’aumento dei casi. Il picco è salito non con la rapidità del marzo scorso ma con una curva per fortuna più lenta, gli ospedali hanno fatto in tempo a organizzarsi, mettendo a disposizione progressivamente sempre più letti per la terapia intensiva. Non abbiamo mai avuto una sproporzione fra la domanda e l’offerta.

Il sistema riesce a fronteggiare le altre patologie?

Per quanto attente siano state le amministrazioni degli ospedali nel convertire letti man mano che i casi aumentavano, proprio per cercare di tenere i pazienti non Covid, nonostante questo è evidente che il picco lo abbiamo avuto e i letti alla fine li abbiamo dovuti convertire. Ci aspettiamo che ci sia prossimamente un’altra ondata, che non sarà di Covid, ma di pazienti che fino ad adesso non siamo riusciti a curare in maniera adeguata. È possibile che ci siano stati decessi, soprattutto in ambito cardiovascolare, dovuti a questa situazione.

Come è invece la patologia dei pazienti colpiti dalla cosiddetta variante inglese?

È cambiata un po’ la tipologia, sono più giovani rispetto alla prima e alla seconda ondata, si è ridotta l’età. Abbiamo ricoverato anche dei 27enni e dei 30enni senza patologie pregresse, sono stati casi isolati ma ci son stati. Abbiamo ricoverato 50enni, in media siamo sui 65-70 anni. La manifestazione della malattia è molto severa perché la variante non è solo più contagiosa ma anche più aggressiva. I malati sono molto compromessi e molto rapida è l’evoluzione. Da una situazione domiciliare abbastanza tranquilla arrivano rapidamente a una situazione di grave complicazione con l’obbligo di ricovero in terapia intensiva.

Un mese ci fa ci diceva, mentre iniziava la vaccinazione Pfizer del personale sanitario, che non era possibile prevedere se il vaccino avrebbe funzionato contro le varianti. Un mese dopo cosa ci può dire?

L’impressione che abbiamo avuto è che i vaccini abbiano protetto dalla variante inglese. Quello che bisogna dire alla gente è di non farsi troppi problemi se un vaccino copre o non copre, sappiamo che i virus Rna mutano. Vacciniamoci, perché la battaglia è prima di arrivare in ospedale, il vaccino una certa protezione la garantisce e quindi non bisogna avere dubbi e porsi troppi problemi. I vantaggi superano qualunque ipotetico svantaggio.

(Paolo Vites) 

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