Le terapie CAR-T stanno letteralmente cambiando la cura dei tumori del sangue. Possono avere delle reazioni avverse importanti, ed è per questo che è fondamentale l’esperienza dell’operatore sanitario, ma possono realmente far svoltare la vita al malato. Di queste particolare terapie se ne è occupato oggi il Corriere della Sera, ricordando come la prima di questo genere sia stata autorizzata dall’Ema nel 2018. Oggi, a distanza di tre anni, sono tre quelle approvate a livello europeo oltre a tre in fase di valutazione, e in Italia vi sono all’incirca una trentina di centri autorizzati per la somministrazione. “Queste terapie si sono dimostrate in grado di assicurare tassi di remissione completa fino all’82% – sottolinea il quotidiano di via Solferino – per la leucemia linfoblastica acuta, il tumore più frequente in età pediatrica, tra il 40 e oltre 50% per due linfomi non-Hodgkin molto aggressivi (linfoma diffuso a grandi cellule B e linfoma primitivo del mediastino) e un importante miglioramento della sopravvivenza (2 anni per il 51% dei pazienti) nel mieloma”.



Si tratta di terapie, il cui nome CAR-T è l’acronimo di Chimeric antigen receptor T cell therapies, che vengono solitamente utilizzate in quei pazienti che non rispondono alle strategie terapeutiche standard come ad esempio la chemio, e funzionano così: “I linfociti T prelevati dal sangue del paziente, vengono «armati» in modo tale da esprimere sulla loro superficie il recettore CAR che li aiuta a riconoscere le cellule maligne e ucciderle, per poi essere reinfuse nel paziente stesso”. Ovviamente, come sempre quando si parla di terapie tumorali, non mancano i risvolti negativi, ma per rispondere a tutti i dubbi l’Associazione italiana contro leucemie, linfomi e mieloma (Ail) ha promosso «CAR-T – Destinazione futuro», campagna itinerante e online.



TERAPIE CAR-T PER LA CURA DEI TUMORI: IL PARERE DEGLI ESPERTI

«L’arrivo delle CAR-T – le parole di — dice Sergio Amadori, presidente nazionale Ail — ha aperto nuove prospettive per alcune malattie ematologiche, ha innescato grandi aspettative tra i pazienti e i loro familiari e ha suscitato grande entusiasmo anche tra noi ematologi: ma serve un’informazione corretta, puntuale e trasparente per chiarire dubbi e incertezze su una terapia così innovativa per questo Ail ha deciso di scendere in campo con una campagna itinerante e online di informazione sulla terapia, realizzata con il supporto non condizionante di aziende farmaceutiche impegnate nella produzione delle CAR-T (Celgene, ora parte di Bristol Myers Squibb, Gilead, Janssen e Novartis). L’obiettivo è spiegare ai pazienti e ai loro famigliari che l’arma delle CAR-T c’è ed è efficace, ma in questo momento non è un’arma per tutti, è indicata solo per alcuni tipi di malattie ematologiche e solo per pazienti con requisiti adeguati, in Centri autorizzati. L’altro obiettivo è aprire a livello nazionale e locale un confronto con specialisti e decisori per valutare le criticità e creare le premesse affinché questa innovazione abbia pieno successo».



L’utilizzo di queste terapie, scrive ancora Corriere.it, è associato spesso al rischio di eventi gravi come la sindrome da rilascio di citochine, che si manifesta quando si verifica un’eccessiva risposta immunitaria dovuta all’infusione dei linfociti T modificati, inoltre è possibile anche il verificarsi della riduzione dei linfociti B e degli anticorpi, nonché la persistenza di citopenia tardiva. «Le terapie CAR-T sono cure con grandi potenzialità e molto potenti — conclude Elena Zamagni, responsabile di Diagnosi e terapie innovative del mieloma multiplo e delle gammapatie monoclonali all’Istituto di Ematologia Seragnoli di Bologna —. Per questo è necessario ottimizzarne l’efficacia e renderle sempre più sicure e poco tossiche, mitigando gli effetti collaterali. Migliorare l’efficacia e la sicurezza delle terapie cellulari CAR-T è una delle tante sfide alle quali ricercatori e clinici tentano di dare risposte. Al momento la somministrazione delle terapie CAR-T è esclusivamente ospedaliera e in regime di ricovero e solo nei centri certificati per i trapianti di cellule staminali che hanno seguito e concluso tutto l’iter certificativo».