Il giornalista specializzato nella caccia agli scoop Michael Shellenberger sta facendo gridare l’America allo scandalo, dopo la scoperta di alcune chat segrete di coloro che sono considerati i massimi esperti mondiali di gender e trans (ovvero i medici del Wpath, World professional association for transgender), nelle quali esprimono, chiaramente, dubbi sulle terapie e gli interventi. Dubbi, tuttavia, che non sono mai stati espressi pubblicamente, a favore di una narrativa che vuole tali terapie come “non più sperimentali“.
In altre parole, la stessa narrativa gender e trans degli esperti sarebbe basata sul nulla, perché loro sono i primi a nutrire forti (se non fortissimi) dubbi sui trattamenti contro la disforia. Un tema particolarmente sentito all’estero e che nell’ultimo periodo sta diventando sempre più discusso anche in Italia, soprattutto dopo lo ‘scandalo’ del Careggi di Firenze, dove si usano (contro le indicazioni mediche) i cosiddetti bloccanti della pubertà. Neanche a dirlo, questi farmaci sono considerati dal Wpath, pubblicamente, una manna dal cielo per i trans e per chi sperimenta la disforia gender, mentre nelle chat rubate si parla chiaramente di “effetti potenti e alteranti“, dei quali i pazienti non hanno e non riescono ad avere una consapevolezza reale, “perché è fuori dalle loro capacità. So che sto parlando con un muro bianco”.
Le chat choc degli esperti di gender e trans
Le chat rubate agli esperti di gender e trans, secondo Shellenberger, dimostrano “una diffusa negligenza medica nei confronti di bambini e adulti vulnerabili. I membri dell’associazione sanno che i bloccanti della pubertà, gli ormoni e i trattamenti chirurgici causano infertilità e altre complicazioni, tra le quali il cancro e la disfunzione del pavimento pelvico”. Una testimonianza dura e ridimensionata dall’Economist, che escludendo la “diffusa negligenza”, avanza dubbi quantomeno “sull’erogazione dell’assistenza sanitaria per l’affermazione di genere” basata proprio sul parare dell’associazione, “secondo la quale tali trattamenti non sono sperimentali”.
Tornando alle chat rubate, sono proprio i medici che trattano quotidianamente i pazienti trans a parlare dei rischi di interventi e terapie affermative dell’identità gender. In alcuni scambi si parla di tumori al fegato su di un paziente minorenne “collegati ai suoi trattamenti ormonali”. In altri una dottoressa ricorda che “non tutti” i 20 interventi di vaginoplastica che ha effettuato su pazienti “under 18”, hanno avuto “esiti perfetti”, parlando di “problemi con dilatazione e restringimento vaginale”. Insomma, i rischi (e i danni) delle terapie gender sui pazienti trans sono reali e parzialmente documentati, mentre appare assurdo che gli esperti si lamentino della scarsa comprensione degli assistiti di rischi e conseguenze legati a questi interventi, quando sono loro stessi a promuovere la narrativa del “va tutto bene”.
Scandalo Wpath, l’esperto Bell: “terapie improvvisate e prescritte senza consenso”
Ad ulteriore riprova del potenziale scandalo in seno al Wpath, è Marina Terragni sul portale “Feministpost.it” a riportare le dichiarazioni preoccupate dello psicoanalista David Bell, responsabile delle denunce contro la clinica di Londra Tavistock proprio sulle tattiche dei minori trans: «Anche per me il contenuto di questi file è scioccante e inquietante», sottolinea l’esperto commentando le chat dell’orrore diffuse sul Wpath. Secondo Bell, i file emersi suggeriscono che alcuni membri dell’associazione «sono consapevoli che le cure che affermano il genere a volte causano danni molto gravi e che alcuni pazienti che hanno ricevuto cure mediche irreversibili non erano in grado di dare un consenso significativo».
Secondo Terragni, nei file del Wpath si dimostrerebbe la completa «mancanza di considerazione per le conseguenze a lungo termine nella vita dei pazienti», nonostante gli stessi esperti avrebbero piena consapevolezza «sugli effetti collaterali debilitanti e potenzialmente fatali degli ormoni sessuali cross-sex di altri trattamenti». Tale dossier, conclude la storica autrice femminista, assieme alla smentita del rischio suicidio in questi pazienti qualora non medicalizzati, «costituisce un irreversibile punto di svolta sul fronte del trattamento delle/dei minori con comportamento non conforme al genere». (A cura di Niccolò Magnani)