Lancia l’allarme Flavia Petrini, presidente della Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva (Siaarti) e componente del Comitato tecnico-scientifico. Commentando i dati sull’aumento dei ricoverati per covid, in particolare nelle terapie intensive, spiega: “Nelle terapie intensive italiane la situazione è peggiore rispetto alla prima ondata – dice ai microfoni dell’agenzia Adnkronos – questo non solo perché sono di più le Regioni in affanno. Nella prima fase della pandemia il dramma ha riguardato Regioni che partivano da un’organizzazione di prima classe, ora sono coinvolte aree più sfortunate per quanto riguarda il numero degli operatori sanitari disponibili. E non tutte le direzioni aziendali sono altrettanto rapide e pronte nel prendere decisioni”.
I numeri delle terapie intensive della prima ondata erano in realtà peggiori rispetto a quelli attuali (3 aprile, picco record di 4.068 ricoverati, ieri, 2 marzo 2021, 2.327 pazienti), ma come detto dalla stessa Petrini, i ricoveri riguardano ora tutte le regioni d’Italia, mentre durante la prima ondata erano state in particolare Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna ad essere interessate.
ALLARME TERAPIE INTENSIVE: “SERVONO MONITORAGGIO MIGLIORE”
Petrini ribadisce che il covid è ora diffuso “in zone meno attrezzate e con livelli organizzativi sulle reti delle terapie intensive che già erano in affanno prima della pandemia. Con la velocità con la quale si sta diffondendo il contagio la preoccupazione è elevata”. La numero uno del Siaarti sottolinea poi come anche la possibilità per gli anestesisti/rianimatori di sostenere un reparto “è più difficile nelle Regioni dove per caratteristiche geografiche o per la carenza di infrastrutture, come accade in molte aree del Sud, spostarsi è complicato e anche per i professionisti aiutarsi l’uno con l’altro diventa quasi impossibile”. Secondo la Petrini servirebbe un monitoraggio in tempo reale delle terapie intensive di modo da considerare non soltanto il livello di occupazione dei posti letto ma anche la gravità degli stessi pazienti: “L’ideale per tenere sotto controllo a livello nazionale e in modo omogeneo la situazione delle terapie intensive sarebbe proprio avere un ‘cruscotto’, come succede in Germania”, ricordando come “Può accadere, per esempio, che una terapia intensiva abbia meno pazienti di un’altra ma con complessità maggiori da gestire, una situazione che, nella realtà, è di maggiore criticità ma non emerge”.