Il carcere di Terni, piccola struttura che ospita anche un delicato reparto dedicato al 41 bis, nel quale venne rinchiuso Bernardo Provenzano, si trova al terzo posto della triste classifica dei morti suicidi tra le sbarre. Una classifica che vede, poco sorprendentemente, al primo posto il Regina Coeli e al secondo il San Vittore, mentre la media annuale complessiva delle strutture è di 4 morti per ogni penitenziario.



All’interno del carcere di Terni, spiega l’Avvenire, sono morti suicidi nel corso degli ultimi mesi quattro detenuti (un italiano a gennaio, poi un albanese alcuni mesi dopo, un marocchino a fine maggio e, ancora, un magrebino a settembre), mentre non si contano gli episodi di autolesionismo e le aggressioni ai danni delle guardie carcerarie. Una triste situazione che si accompagna, come se non bastasse, a degli importanti problemi gestionali, dovuti ovviamente alla scarsità di fondi, al sovraffollamento e alla carenza di personale. All’atto pratico, il carcere di Terni potrebbe ospitare un massimo di 400 detenuti, che sono in realtà più di 500, senza il supporto di una Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza (per i malati psichiatrici) e con una carenza cronica di agenti penitenziari.



Garante dei detenuti: “Nel carcere di Terni poco personale”

A parlare della difficile condizione in cui versa il carcere di Terni è, tra gli altri, Fabrizio Bonino, segretario nazionale del Sappe, secondo il quale la struttura “sul fronte sicurezza [è] una delle peggiori in Italia. Ci sono tante sezioni, ma non c’è personale sufficiente. Lo psicologo viene una sola volta a settimana, gli educatori lo stesso: troppo poco per poter prevenire episodi” suicidari, autolesionistici o violenti.

A fargli eco sulle condizioni del carcere di Terni è anche Giuseppe Caforio, Garante umbro dei detenuti, che ritiene non sia “il luogo migliore per un processo riabilitativo. Se uno o più agenti”, si chiede, “hanno in carico tre piani del carcere e 100 detenuti, come fanno a garantire che non succeda nulla? Il sistema sta andando completamente in tilt” al punto che ormai “si gestisce solo l’emergenza”, senza possibilità di prevenirla. Un appello, quello sul carcere di Terni, al quale si è unito anche il cappellano, Massimo Lelli, che sottolinea come “il fine di rieducazione, recupero e reinserimento del detenuto si è perso. Ci vogliono persone e mezzi economici”.