Si fa presto a dire: “lo Stato”. Il parafulmine di tutte le cose che non funzionano. Usiamo il termine Stato e non “governo” perché, ricordiamo a tutti, quest’ultimo è responsabile solo della pioggia (“Piove, governo ladro!). Quando poi è emessa qualche sentenza dove lo Stato risulta in qualche modo soccombente, è facile concludere che è solo colpa dello Stato. È semplice e non si sbaglia mai.
Si può dire ragionevolmente che è sempre così? La Corte Europea dei diritti umani (CEDU) ha recentemente condannato l’Italia “per avere messo a rischio la vita degli abitanti della Terra dei fuochi”, l’area situata a cavallo tra le province di Napoli e Caserta e dove vivono oltre due milioni di persone, tristemente nota per essere stato lo sversatoio illegale di rifiuti industriali tossici e inquinanti di tutta Italia. Lo Stato, pur essendone a conoscenza, non avrebbe preso a tutt’oggi le adeguate contromisure ambientali. Questa, in breve, la sintesi giornalistica che è emersa dai principali organi di informazione. Verificare per credere.
Più che alla notizia, però, viene dato risalto ai commenti. Glissiamo su quelli dei politici. La problematica della “Terra dei fuochi” è nota dagli anni 90, molto prima che venisse coniata l’infausta espressione, che comparve per la prima volta nel 2003. Nel frattempo si sono succeduti 12 governi nazionali e 5 regionali; nessuna parte politica potrebbe sottrarsi a critiche su inerzia e mala gestione di quel territorio. Il silenzio, pertanto, sarebbe stato più opportuno. Ma tant’è, la tentazione del facile commento per i politici è sempre irresistibile, soprattutto se sono in fase di popolarità calante.
Esultano, giustamente, i privati cittadini e le associazioni che da sempre hanno combattuto in prima linea per la riconquista della salubrità delle aree in questione. Tanti hanno visto attività (soprattutto agricole) e persone care finire tragicamente e il risultato giuridico trova la loro più che comprensibile soddisfazione. Peraltro, è evidente che il problema è troppo rilevante e le soluzioni troppo complesse per potere essere affidate ad iniziative locali ed è giusto che sia il governo centrale ad essere chiamato ad intervenire.
Tuttavia qualcosa risulta essere dissonante. La vicenda della Terra dei fuochi nasce da una gestione di matrice camorristica della vicenda. Lo smaltimento dei rifiuti tossici è risultato essere uno dei principali filoni d’affari della criminalità organizzata locale. Nonostante fin dalla metà degli anni 80 tutto fosse sotto gli occhi di tutti, se non ci fossero state le decisive rivelazioni di alcuni cosiddetti pentiti difficilmente si sarebbe venuto a capo del complesso sistema criminale che gestiva l’affare. A dispetto dell’impegno di tanti operatori delle forze dell’ordine che hanno sacrificato energie, tempo e talvolta anche la vita, come avvenne per il sostituto commissario Angelo Mancini, tra i primi ad indagare sul caso e morto per una grave malattia del sangue contratta a seguito della continua esposizione ai rifiuti tossici. Questo sistema criminale è stato il vero responsabile dell’inquinamento di quest’area fertilissima e così vasta. Sullo Stato incombe l’incapacità di non averlo all’epoca contrastato efficacemente.
Se è vero che una situazione così grave deve essere ex post gestita con metodi straordinari, tanto da richiedere l’intervento della CEDU, c’è da chiedersi se poteva essere affrontata in origine con metodi ordinari o se invece avesse necessitato di altre soluzioni, anche straordinarie. Sicuramente sarebbero servite ben altre armi (eccezionali, diciamolo pure) nel campo investigativo, repressivo e di controllo del territorio. Perché questo non fu chiesto all’epoca con altrettanta forza di quella usata nella denuncia delle conseguenze ambientali? Non è stata, forse, inerzia anche questa? È facile immaginare le sicure polemiche e gli inevitabili distinguo che ci sarebbero stati. Fatto sta che per combattere un fenomeno organizzatissimo come la camorra occorreva potere giocare almeno ad armi pari. Cosa che non è stato all’epoca e non lo è tuttora.
Non si può chiedere allo Stato di fare lo Stato a seconda del momento storico, della convenienza o del singolo interesse di cui si richiede la tutela. Anche perché al danno può conseguire la beffa. Infatti, al di là degli entusiastici commenti post sentenza, di fatto la Corte come concrete disposizioni ha posto all’Italia l’obbligo “di istituire una commissione di controllo indipendente, che comprenda membri liberi da qualsiasi affiliazione istituzionale con le autorità statali”, e “di istituire un’unica piattaforma informativa pubblica che raccolga tutte le informazioni rilevanti relative al problema Terra dei Fuochi”. Misure da attuare entro due anni, pena successive sanzioni pecuniarie per i danni morali.
Verrebbe da dire: tutto qua? Certo il parto di un topolino è sempre meglio di niente, ma il rischio che la montagna dei rifiuti tossici della Terra dei fuochi rimanga per chissà quanto un problema irrisolto è ancora concreto. A meno che non si chieda allo Stato, con forza, di fare lo Stato. Sempre.
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